Un “Paradiso” a Ravenna Festival che s’è fatto attendere ma è uno stupore di luci, suoni e poesia fra pace e guerra, Dante e Pasolini, Papa e San Francesco

C’è un film di qualche decennio fa che recita nel titolo “Il Paradiso può attendere”. Rovesciandone il senso, possiamo ben dire che questo Paradiso di Marco Martinelli ed Ermanna Montanari per il Ravenna Festival – la prima ieri sera 24 giugno – s’è fatto attendere e non poco, a causa della pandemia, ma come tutti i frutti maturi, che restano sull’albero più a lungo del previsto, una volta colto e assaggiato sprigiona un gusto particolare, pieno, avvolgente, che delizia il palato e ti fa pensare di non aver atteso invano per tutto questo tempo. Come tutte le conquiste difficili, anche questa è più gratificante.

Il viaggio di Dante nell’oltremondo è un percorso iniziatico, di consapevolezza, di crescita, di redenzione, di conquista della sapienza, della luce, della beatitudine, della salvezza, di Dio. Chiamate la cosa come volete, ma questo è il viaggio della Divina Commedia attraverso le tre Cantiche. Quello di Dante “everyman” – per dirla con Ezra Pound – è il viaggio dell’intelletto attraverso quegli stati d’animo in cui gli uomini, di ogni sorta e condizione, permangono prima della loro morte; inoltre Dante, o intelletto di Dante, può significare “Ognuno”, cioè “Umanità”, per cui il suo viaggio diviene il simbolo della lotta dell’umanità nell’ascesa fuor dall’ignoranza verso la chiara luce della filosofia. Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza… non a caso è uno dei versi più universalmente noti e densi di tutta l’opera dantesca.

Anche la sacra rappresentazione di Marco Martinelli ed Ermanna Montanari è un viaggio di crescita a mio avviso della consapevolezza e dell’arte di mettere in scena lo stesso Dante. Da un Inferno tutto sommato semplice da rendere, così come quasi tutti se lo sarebbero potuti aspettare, pieno di effetti speciali e rumori, di colori oscuri e parole rabbiose e dolorose si è passati a un Purgatorio sorprendente, dove il dolore si anima di speranza e di attesa per un mondo nuovo degli uomini in armonia con la madre terra. Ora il nostro viaggio termina nel giardino del Paradiso di questo Ravenna Festival 2022, dedicato a Pier Paolo Pasolini. Un Paradiso di suoni e di luci, di parole e di azioni. Dove l’azione scenica si fa sempre più larga, aperta, coinvolgente, diventa sempre più contagiosa fino a prendere tutto il pubblico, apoteosi della poetica delle Albe. Ma non spoileriamo il resto.

Marco Martinelli ed Ermanna Montanari innestano Pasolini su Dante, con quel suo “trasumanar e organizzar” che è il punto più alto della poesia civile pasoliniana e proprio per questo accostato all’epopea civile della Commedia. D’altronde, trasumanar non è altro che una delle tante invenzioni linguistiche che Dante ha coniato per significare andare oltre i limiti della natura umana, trapassandola, trasformandola fino a superarla per aderire a una natura più alta, divina.

Difficile rendere il “Paradiso”, mi dico prima della prima. Chissà cosa si saranno inventati questa volta quelli delle Albe. All’inizio, in realtà, non si sono inventati nulla. L’impianto è quello solito, con partenza dalla Tomba del Poeta, con i versi, i suoni e con il coro dei cittadini che agita spighe di grano. Un richiamo forte, politico, all’attualità della guerra che mette in crisi i raccolti e la distribuzione del grano ai paesi più poveri che ne hanno urgente bisogno? Un’invocazione per un gesto di misericordia e uno scatto di salvezza. Non lo so, mi piace che possa essere anche questo. Ad ogni modo, il grano è simbolo della rinascita e quindi della vita stessa. Perfetto per l’inizio della Cantica del Paradiso.

Paradiso Albe
Generico giugno 2022

Poi il corteo si snoda per le strade della città, con brevi fermate in alcune stazioni, di fronte a palazzi dalle cui finestre pendono barchette di carta e dove adolescenti intonano canti e versi. La barca, per chi naviga in mare è immagine della potenza acquisita che permette di agire, è la dinamica della vita, del desiderio della volontà di essere, di trasformarsi e controllare il proprio destino. È Dante nel suo viaggio. Siamo noi con lui, sulla stessa barca. Forse. Be’, almeno mi piace pensarlo per quelli che affrontano la trilogia del Ravenna Festival.

Poi si entra nel Giardino dell’Eden – ai Giardini Pubblici di Ravenna – il primo, immenso dono che Dio fece all’uomo e alla donna e che questi non seppero tenersi. Da qui la lotta perenne per la riconquista, il cammino di redenzione. Si entra passando attraverso una porta e una formula iniziatica che introduce al mistero della trinità di Dio.

Nello spazio largo di fronte alla magnifica Loggetta Lombardesca una semplice sontuosa messinscena. Non è un ossimoro. Nella sua semplice purezza rinascimentale la Loggetta è sontuosa e la messinscena non fa che esaltarla con pochi elementi. Lassù, nelle cinque nicchie disegnate dalle belle arcate ci sono cinque statue parlanti. Sotto prendono posto gli orchestrali, per una cantica in cui i suoni assumono una pregnanza molto forte. Quanto la medievale e celestiale voce di Mirella Mastronardi.

Paradiso Albe
Paradiso Albe
Paradiso Albe
Paradiso Albe

Accanto a Dante e Beatrice, come sempre Martinelli e Montanari pescano dal mazzo della Commedia alcune figure chiave, dal forte valore simbolico. E così troviamo la dolente Piccarda. Poi il severo Giustiniano dispensatore di leggi, che prende a prestito le parole di un Papa del XXI secolo – Francesco, naturalmente – per ammonire l’umanità e indirizzarla sulla retta vita, che non è quella della guerra, delle armi, dell’idolatria del capitale e del dio denaro, men che meno quella dell’ingiustizia e dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Un discorso cristiano. Un discorso comunista. Alla Francesco. Alla Pasolini. Da Albe.

E ancora Cunizza da Romano e poi Pier Damiani e infine Pietro. San Tommaso evoca un’altra figura fondamentale San Francesco, con i suoi allegri fraticelli, un po’ matti, certamente trasgressivi, che ricordano tutti il Ninetto Davoli di Uccellacci e Uccellini.

Ancora c’è l’intenso e profetico Cacciaguida, trisavolo di Dante, spirito combattente e sofferente (“Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui, e com’è duro calle lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale”) che viene quasi annichilito dall’intrusione di giovani militari che puntano i loro bellicosi mitra anche contro il pubblico, ma vengono infine scacciati da una torma di bambini giubilanti (e una commovente vocina si sente venire da lontano per dire ai bruti che se ne vanno… “questo è il Paradiso!”). Il futuro che scaccia la sciagura della guerra e dà speranza. Un’altra incursione politica nel Paradiso in terra.

Infine, ecco il canto finale, con l’invocazione di San Bernardo a Maria che tiene il suo sguardo fisso in quello di San Bernardo, dimostrando così di accogliere la sua preghiera, poi lo rivolge alla luce di Dio, nella quale solo lei può addentrarsi con tanta chiarezza. Dante si avvicina al compimento di tutti i suoi desideri, cosicché consuma in sé tutto il proprio ardore, mentre Bernardo con un cenno e un sorriso lo esorta a guardare in alto. La vista di Dante, diventando via via più chiara, si inoltra nella luce divina e da quel momento in poi la visione del poeta è tale che il linguaggio è insufficiente a esprimerla, così come anche la memoria non è in grado di ricordarla pienamente.

Questo il plot degli ultimi versi, verso l’amor che move il sole e l’altre stelle. Come rendere tutto questo? Impossibile se non con una trovata scenica e con il mistero della parola. Ma questo lo scoprirete da soli se deciderete di godervi lo spettacolo.

Paradiso Albe
Paradiso Albe
Paradiso Albe
Paradiso Albe
Paradiso Albe
Paradiso Albe
Paradiso Albe

DALLA PRESENTAZIONE UFFICIALE

È reale l’Inferno, la cui atroce operosità continuerà anche dopo il Giorno del Giudizio. Anche la montagna del Purgatorio è tangibile, ma svanirà alla fine dei tempi, quando anche l’ultima anima si sarà librata in volo verso il cielo. E il Paradiso? Un copione celeste, un mirabile spettacolo allestito per lo spettatore Dante. Teatro, insomma. Teatro che, nella commissione di Ravenna Festival a Marco Martinelli ed Ermanna Montanari, diventa itinerante e musicale, la città un palcoscenico, i cittadini – seicento quest’anno – coinvolti in tutte le fasi del Cantiere Dante.

Il viaggio iniziato nel 2017 con Inferno, proseguito con Purgatorio nel 2019, si corona con Paradiso, ultima anta del trittico Chiamata pubblica per la Divina Commedia. Si parte alle 20 dalla Tomba di Dante fino a immergersi nel vivo vortice di anime ai Giardini Pubblici – su cui si affaccia l’armoniosa architettura rinascimentale della Loggetta Lombardesca – con le musiche di Luigi Ceccarelli, le luci di Fabio Sajiz, scene e costumi degli allievi dell’Accademia di Brera. Al centro di questa nuova colossale produzione del Festival, in collaborazione con Teatro delle Albe/Ravenna Teatro e con il contributo straordinario del Comune di Ravenna, c’è la parola “allegrezza”, perché il Paradiso è la cantica della gioia che si fa suono, danza, festa dionisiaca, un inno alla carne trasfigurata – “tra la carne e il cielo,” per dirla con Pasolini.

“Questo percorso dantesco rafforza una visione che da decenni sorregge il nostro operare: il teatro vive se sa farsi ‘arte’ nel dialogo con la vita e la città – sottolineano Marco Martinelli ed Ermanna Montanari – Come il poeta e cittadino Dante Alighieri sapeva, la politica e la tensione alla bellezza sono le due facce della stessa spiritualità. Nella Commedia, lo spettatore gioca un ruolo preciso: è lui stesso Dante, l’everyman, il pellegrino che dal fondo della selva oscura prima scende nelle viscere della terra, poi sale la montagna del Purgatorio e si ritrova a scalare i cieli insieme a Beatrice, fino alla visione beatifica del XXXIII canto. Per il Paradiso abbiamo scelto alcune figure, da Piccarda Donati a Giustiniano, da San Tommaso a Cacciaguida, San Pier Damiani, San Pietro…L’ascesa spirituale di quell’uomo smarrito segna al tempo stesso una metamorfosi dell’universo sonoro, dalle grida infernali fino all’armonia delle sfere celesti, dove luce e suono sono un’unica vertigine.”

Eravamo destinati a raggiungere il Paradiso nel 2021, tappa conclusiva di un progetto che ha accompagnato il Festival e la sua Città nel cammino verso il settimo centenario della morte di Dante; le note difficoltà dei tempi pandemici hanno reso necessario un posticipo. Che, a ben guardare, riallaccia con squisita naturalezza i fili del discorso. Vuoi perché, come recitava il motto delle celebrazioni ravennati, Viva Dante: la sua poesia scorre nelle vene della città, parte vitale e organica di una storia che si continua a scrivere. Ma anche perché quest’anno il Festival celebra un altro poeta, la cui passione per l’opera dantesca si è espressa anche in un tentativo di riscrittura della Commedia – quella Divina Mimesis a cui Pier Paolo Pasolini continuò a lavorare fino alla morte. Insomma, il titolo pasoliniano Tra la carne e il cielo di questa XXXIII edizione (numero, per altro, dantesco) è anche la sintesi del cammino della Chiamata pubblica.

Marco Martinelli ed Ermanna Montanari ci insegnano, dopo tutto, che i classici non basta metterli in scena; bisogna “metterli in vita”, perché i capolavori delle epoche passate non significano nulla se non si fanno carne e sostanza nel nostro presente. E allora è necessario rimetterle in circolo quelle parole, scatenarle perché diventino azione, a metà fra sacra rappresentazione medievale e teatro di massa di Majakovskij. A proposito di parole, la terza Cantica è trapunta di neologismi – il più vistoso indizio della tensione a cui Dante sottopone la lingua italiana, perché sia all’altezza del paradosso di raccontare l’indicibile. Il primo fra questi neologismi è, nel Canto I, trasumanare, ovvero andare oltre i confini dell’umano. È quello che accade al poeta-viaggiatore quando ascende verso la sfera del fuoco, cioè la zona intermedia fra il mondo terreno e il Cielo della Luna (il verbo trasumanare avrebbe trovato vita moderna, guarda caso, nel titolo dell’ultima raccolta poetica di Pasolini, Trasumanar e organizzar).

In scena Ermanna Montanari, Marco Martinelli, Luigi Dadina, Alessandro Argnani, Camilla Berardi, Roberto Magnani, Laura Redaelli, Alessandro Renda, Salvatore Tringali e le cittadine e i cittadini della Chiamata Pubblica.

La commissione di Ravenna Festival per Chiamata pubblica è stata l’occasione per attivare importanti e significative collaborazioni e riscoprire la capacità di Dante di parlare a un pubblico più che vasto – vastissimo. Inferno ha ricevuto riconoscimenti nazionali e internazionali (Premio Ubu 2017 per “miglior progetto curatoriale”, Premio Associazione Nazionale dei Critici di Teatro-ANCT, Lauro Dantesco ad honorem e Premio Culturale della VDIG-Vereinigung Deutsch-Italienischer Kultur-Gesellschaften), Purgatorio è andato in scena in un allestimento materano, parte del programma ufficiale di Matera – Capitale Europea della Cultura 2019 .

Info e prevendite: 0544 249244 – www.ravennafestival.org / Biglietti: posto in piedi 20 Euro (ridotto 18)

Paradiso – Chiamata pubblica per “La Divina Commedia” di Dante Alighieri – fino all’8 luglio tutti i giorni alle 20, tranne il lunedì

  • ideazione, direzione artistica e regia Marco Martinelli e Ermanna Montanari
  • musiche di Luigi Ceccarelli
  • commissione di Ravenna Festival
  • in scena Ermanna Montanari, Marco Martinelli, Luigi Dadina, Alessandro Argnani, Camilla Berardi, Roberto Magnani, Laura Redaelli, Alessandro Renda, Salvatore Tringali e le cittadine e i cittadini della Chiamata Pubblica
  • collaborazione alle musiche di Vincenzo Core chitarra elettrica, Raffaele Marsicano trombone, Giacomo Piermatti contrabbasso, Gianni Trovalusci flauti, Andrea Veneri live electronics e con Mirella Mastronardi voce
    sound design Marco Olivieri
  • spazio scenico allieve e allievi della Accademia di Belle Arti di Brera Milano – Scuola di Scenografia Eleonora Battisi, Hefrem Gioia, Umberto Kilian D’Annolfo, Martina Maria Pisoni, Giada Ratti, Valentina Silva, Alessia Soressi coordinati da Edoardo Sanchi con Ludovica Diomedi, Elisa Gelmi e Matilde Grossi
  • costumi allieve della Accademia di Belle Arti di Brera Milano – Scuola di Costume Beatrice Alberti, Valeria Benatti, Caterina Lanza, Alessia Lattanzio, Lidia Zanelli, Bingqian Zhu coordinate da Paola Giorgi con Federica Famà e Flavia Ruggeri
  • disegno luci Fabio Sajiz
  • produzione Ravenna Festival/Teatro Alighieri in collaborazione con Teatro delle Albe/Ravenna Teatro, con il contributo straordinario del Comune di Ravenna

Un “Paradiso” a Ravenna Festival che s’è fatto attendere ma è uno stupore di luci, suoni e poesia fra pace e guerra, Dante e Pasolini, Papa e San Francesco – RavennaNotizie.it