GOSPELHEIM

Una delle sorprese più altisonanti di questo 2022, i Gospelheim. Sbucati dal nulla e pubblicati nientemeno che dalla Prophecy Productions, una delle etichette cardine del panorama europeo per quanto riguarda suoni eclettici, atmosferici e sinuosi di impronta metallica (e non solo), i ragazzi inglesi si sono presentati con un album accattivante come pochi. Un metal darkeggiante, intriso di post-punk, costruito su melodie contagiose in arrivo dagli universi di Grave Pleasures/Beastmilk e Ghost, inserito in un contesto di puro heavy metal, con sprazzi black metal a intorbidare le acque. Un’opera già matura e priva di incertezze, dallo stile già ben delineato nonostante la chiarezza dei punti di partenza e l’affiorare di rimandi ad altri gruppi. Chi scrive si è trovato ad ascoltare il loro esordio “Ritual & Repetition” una marea di volta, con le varie “Satan Blues”, “Praise Be”, “Into Smithereens” ad entrare in testa in un attimo e non volersene più andare, chiamando a gran voce nuovi ascolti. Non ci potevamo esimere a questo punto dal farci raccontare origini e intendimenti di questi ragazzi, che tramite le voci del leader Ricardo (voce maschile e chitarra) e di Coco (voce femminile e basso) ci hanno delineato quale sia il loro mondo.

I GOSPELHEIM ARRIVANO PRATICAMENTE DAL NULLA E PORTANO CON SÉ UN SUONO DARK E ORECCHIABILE, HEAVY METAL DALLE FORTI VIBRAZIONI POST-PUNK. QUAL È LA STORIA E IL BACKGROUND DEI SINGOLI MUSICISTI?
Ricardo: – Ho iniziato a suonare in gruppi extreme metal in Portogallo, dove sono nato e cresciuto. Dopo essermi trasferito nel Regno Unito, ho suonato brevemente in una rock band a Glasgow. Una volta che mi sono trasferito a Manchester non ho suonato in alcuna band per otto anni. A quel punto pensavo non ci fossero più possibilità di suonare seriamente con qualcuno, ho perso interesse a suonare dal vivo o a entrare in un nuovo gruppo. Alla fine, sono tornato in sala prove tramite un mio caro amico chiamato Frenchie. Abbiamo formato un progetto chiamato Agvirre e questo mi ha permesso di incontrare altri musicisti e iniziare a fare conoscenza con altri musicisti. Durante questo periodo ho iniziato a mettere insieme alcune delle mie idee che sarebbero poi diventate la spina dorsale di “Ritual & Repetition”. Detto questo, anche durante i miei otto anni di pausa non ho mai smesso di scrivere musica, ma non c’erano piani per creare i Gospelheim: è diventato un’entità a parte, senza un programma chiaro su quello che ci avrei voluto fare.
Coco: – La mia storia d’amore con la musica e il suonare in una band è iniziata intorno ai vent’anni, da allora ho fatto parte di alcuni progetti sviluppatisi qui a Manchester. Nonostante alcuni alti e bassi lungo la strada, ho imparato molto sulle esibizioni dal vivo, sulla scrittura della musica e su ciò che voglio e di cui ho bisogno in un progetto musicale. Dopo aver lasciato in modo abbastanza turbolento la mia ultima band, mi è stato chiesto di fare un provino per i Gospelheim e per qualche miracolo o intervento divino ho subito ottenuto il mio posto nel gruppo. Nel corso degli ultimi due anni abbiamo avuto alcuni cambi di formazione, fino a quando non abbiamo trovato Jordan (il secondo chitarrista, ndR), che ha offerto una performance eccezionale durante l’audizione e il concerto con breve preavviso che abbiamo tenuto subito dopo. Abbiamo completato la formazione con il nostro batterista Rob, che in precedenza aveva suonato negli Hecate Enthroned.

AVETE INIZIATO A LAVORARE COME GOSPELHEIM DURANTE LA PANDEMIA DEL 2020. ALL’EPOCA QUALI ERANO I VOSTRI PENSIERI E SENSAZIONI E COME VI HA AIUTATO LA MUSICA RIMANERE FOCALIZZATI SU QUALCOSA DI POSITIVO?
Ricardo: – La maggior parte delle canzoni a dire il vero era già stata scritta quando è stato imposto il primo lockdown. La frustrazione è il primo sentimento che è scaturito, perché le chiusure hanno rovinato i nostri piani per le registrazioni, che sono state posticipate due volte. Temevo anche che gli altri membri perdessero interesse nel progetto e che non riuscissimo proprio a registrare il disco. Certo, alcune canzoni provengono da quel disgraziato periodo: “Into The Smitherness” è stata scritta allora, ci abbiamo convogliato riflessioni e tematiche influenzate pesantemente da quello che stavamo vivendo in quei momenti. Il contenuto dei testi tocca temi come la mancanza di una guida certa, l’assenza di chiarezza, la confusione e l’incertezza derivata dalle informazioni che ci arrivavano. “Hope Springs Infernal” arriva anch’essa dal primo lockdown, trasmette il sentimento di sentirsi prossimi a un punto di rottura, travolti dalla disperazione: o ti lasci consumare, oppure affronti le tue angosce, anche se senti il peso del mondo sulle tue spalle.
Coco: – A dispetto delle difficoltà incontrate e della mancanza di stabilità, eravamo determinati a portare a termine l’album, completare le registrazioni, rimanere in contatto e lavorare ognuno per conto proprio per farci trovare pronti a provare assieme, appena ci fosse stato concesso farlo. Appena ci siamo rivisti, abbiamo lavorato sulle melodie vocali e messo a posto alcuni arrangiamenti e i tempi di alcune canzoni. Per quando siamo finalmente entrati in studio eravamo preparati al meglio e sicuri che tutto il processo sarebbe filato liscio.

LA MUSICA DEI GOSPELHEIM RICHIAMA UN VASTO SPETTRO DI INFLUENZE, TOCCANDO ASPETTI DI GRUPPI COME BEASTMILK/GRAVE PLEASURES, GHOST, DEATH SS E GENERALMENTE TUTTE QUELLE BAND CHE INTERPRETANO SUONI SULFUREI CON UN TOCCO LEGGERO E ACCESSIBILE. POTETE RACCONTARCI DA DOVE DERIVANO LE ISPIRAZIONI PER IL VOSTRO DEBUTTO?
Ricardo: – Il mio approccio alla musica è in generale quello di una colonna sonora. Immagino scene e situazioni, basate su film, televisione, o conversazioni nella vita reale. Questo per quanto riguarda il contesto lirico. Per la musica, guardo oltre i generi, mi piacciono tante cose diverse che secondo me stanno bene assieme, sul risultato finale e le varie somiglianze e riferimenti penso che le singole persone possano farsi da sole la loro idea. Band che mi hanno impressionato e dalle quali ho cercato di prendere spunto sono Tribulation, Unto Others e Dool. Col senno di poi, ho sempre fantasticato a un suono come quello che abbiamo creato, hard rock e qualche volta estremo, ma con voci pulite. Ricordo come rimasi impressionato dai Dimmu Borgir con la voce di Vortex, oppure i deliranti vocalizzi puliti di Attila in De Mysteriis Dom Sathanas. Ma non mi sono mai seduto a pensare “devo scrivere questo tipo di musica”. Non avrebbe funzionato. Non puoi predire in anticipo quello che riuscirai esattamente a comporre. È quando sono arrivato a scrivere il chorus di “Hall Of The Unconsumed” che ho realizzato di aver oltrepassato una nuova soglia e si stava compiendo un ulteriore passaggio nella creazione di un suono che mi appartenesse pienamente e avevo desiderato a lungo.

LA PRIMA CANZONE CAPACE DI CREARE FORTE COINVOLGIMENTO È SECONDO ME “SATAN BLUES”: COME È NATA E COME AVETE ELABORATO STRUTTURA E ARRANGIAMENTI DEL BRANO?
Ricardo: – Il riff principale e il chorus penso siano vecchi di otto-dieci anni. Questo perché, anche quando non suonavo con nessuno, non ho mai smesso di scrivere musica per mio diletto. Ho messo assieme un archivio di idee quasi sterminato! Dal mio punto di vista, se dopo dieci anni un riff suona brillante, significa che lo sarà almeno per i dieci anni successivi. La prima bozza di “Satan Blues” era molto più rilassata, non aveva questo cambio di tempo e di atmosfera dopo il primo chorus, ad esempio. Poiché sono un compositore orientate all’album, a quello che suona meglio al suo interno, ho pensato dovesse avere ritmi più accesi e decisi. Un po’ come quando il produttore, in studio, ti sprona a migliore una canzone della quale non sei pienamente convinto. Così ho fatto con me stesso per “Satan Blues”, era importante filasse in un certo modo, a maggior ragione per una traccia che era posta come seconda della tracklist. Ogni canzone soddisfa un determinato scopo, l’ordine dei pezzi per me è fondamentale, potenzialmente qualcosa che non mi fa dormire la notte. Questo è anche il brano dove mostro maggiormente il mio amore per Slash e il lavoro da lui compiuto nei Guns N’ Roses. Per quanto riguarda i testi, si concentrano sulla perdita della fede e sui sentimenti coinvolti nelle rappresentazioni di valori e idee che hanno perso tutto il loro significato. Valori e idee portati dalla religione hanno perso il loro potere attrattivo ed esplicativo di quello che le persone realmente sentono e di cui avrebbero bisogno. Si tratta insomma di riconoscere quale sia la nostra vera natura, respingere un’ideologia che reprime e punisce, che cerca di controllare le persone imponendole un inutile senso di colpa. Riconoscere la corruzione intrecciata a un’ideologia che rappresentava la propria bussola morale può essere difficile da comprendere, e questo è uno degli aspetti che “Satan Blues” intende affrontare.

IL VOSTRO È UN SUONO ESTREMAMENTE CATCHY, RIVESTITO DA UNA PRODUZIONE PESANTE E METALLICA: COME AVETE LAVORATO IN STUDIO PER CONCILIARE L’IDEA DI ESSERE MOLTO ORECCHIABILI E ALLO STESSO TEMPO FAR RISUONARE LA VOSTRA ANIMA METAL?
Ricardo: – C’erano alcuni riferimenti a noi ben chiari che avremmo voluto seguire ed emulare. La nostra idea principale per la batteria, ad esempio, aveva per riferimento il tipo di suono dei Russian Circles, pieno di riverberi e profondo, il più possibile naturale. Le chitarre dovevano andare in una direzione tra gli Mgla e i Tribulation, mentre il basso sarebbe dovuto essere il più roboante possibile. L’uomo giusto per far avverare i nostri desideri non poteva che essere Joe Clayton dei No Studio, noto per il suo lavoro con Pijn, Wode e Hundred Year Old Man.
Coco: – Joe è stato fantastico nel riuscire a tirare fuori da tutti noi le migliori prestazioni che fossimo in grado di produrre. Ci ha fatto sentire a nostro agio attraverso tutto il processo che ha condotto alla registrazione di “Ritual & Repetition”. Ci ha anche fornito suggerimenti eccellenti su alcune modifiche da adottare rispetto alle nostre idee iniziali, come la registrazione delle voci di “Into Smitereens”. Anche le tonalità del mio basso sono impressionanti. È stato magico, se tieni conto che non avendo mai suonato dal vivo fino a quel momento non avevamo idea di quello che sarebbe potuto essere il risultato finale: per ascoltarlo e renderci davvero conto di quello avevamo fatto abbiamo dovuto attendere il primo mix. È lì che finalmente ci siamo accorti di come suonassero realmente i Gospelheim.

ALCUNI TEMI LI ABBIAMO GIÀ TOCCATI, MA VOLEVO CHIEDERVI PIÙ IN GENERALE DI COSA VI PIACCIA PARLARE NEI TESTI E SE QUESTI DEBBANO ESSERE CONSIDERATI SOLO COME STRUMENTO DI INTRATTENIMENTO, OPPURE ESPRIMANO ALCUNE IDEE A CUI SIETE PARTICOLARMENTE LEGATI.
Ricardo: – Il filo conduttore dei testi riguarda i legami tra moralità e religione, come le persone interiorizzano i messaggi trasmessi dalla fede religiosa, come ciò influenza le loro azioni, convinzioni, valori. Siamo interessati a riconoscere e a esplorare prospettive diverse rispetto a una determinata idea o convinzione, come se stessimo aprendo un dibattito e incoraggiando il pensiero critico, invece di proseguire nell’affermare cose tipo “il mio Dio è più grande del tuo”.
Coco: – È più importante e costruttivo dal nostro punto di vista che le persone acquisiscano familiarità con differenti prospettive di pensiero, invece di cercare e prendere per buone soluzioni semplici già disponibili, a portata di mano grazie all’ambiente in cui si vive e al tessuto sociale nel quale si è immersi. Il nostro è un invito a compiere un viaggio alla scoperta di sé e ad essere pienamente onesti con se stessi, senza scuse o inganni verso la propria persona.

AVETE FILMATO UN VIDEO PER “INTO SMITHEREENS”: PENSATE CHE IL VIDEOCLIP SIA ANCORA UN BUONO STRUMENTO PROMOZIONALE? PERCHÉ AVETE SCELTO PROPRIO QUESTA CANZONE PER PRESENTARVI?
Coco: – Ritengo che “Into Smithereens” racchiuda tutti gli elementi distintivi di “Ritual & Repetition”. Volevamo mostrarci al pubblico con una canzone diretta, d’impatto, e questa penso sia una scelta azzeccata in tal senso. Ci sono tutti gli elementi che ci identificano, incluse le influenze black metal mischiate alle voci pulite, melodie memorizzabili facilmente e assoli orientati al classic rock.
Ricardo: – Crediamo ancora molto nei video, eravamo decisi a realizzare uno per qualsiasi fosse stato il singolo prescelto per lanciare l’album. Ho visualizzato come sarebbe dovuto essere nella mia testa, quindi abbiamo cercato di unire noi che suonavamo dal vivo e giochi di luci ed ombre evocanti le atmosfere del disco. Purtroppo, per quanto creda molto nel potere suggestionante dei video per catturare nuovi fan, non abbiamo tutti a disposizione i budget dei Rammstein, quindi non è sempre possibile riproporre il concept desiderato esattamente come ce lo siamo immaginati nelle nostre teste.

NONOSTANTE “RITUAL & REPETITION” SIANO SOLTANTO IL VOSTRO PRIMO ALBUM, POSSEDETE GIÀ ADESSO UNA PERSONALITÀ DISTINTIVA, CI SONO DIVERSI ELEMENTI CHE CONTRIBUISCONO A DEFINIRE IL VOSTRO SUONO E A NON RENDERVI COSÌ FACILMENTE CONFONDIBILI CON ALTRE BAND. QUALI SONO SECONDO VOI LE PECULIARITÀ DEI GOSPELHEIM?
Ricardo: – Per quanto riguarda la combinazione dei generi, penso che abbiamo assottigliato ulteriormente i confini tra rock e metal. Per quanto tutti i differenti stili incorporate nel nostro suono siano famigliari all’ascoltatore, ritengo che abbiam preso tutti questi suoni e sfumature emotive e li abbiamo portati verso una nuova dimensione. In qualche modo siamo riusciti a cantare di argomenti cupi e scabrosi che ruotano attorno all’amore e all’odio, alla spiritualità e a una ricerca senza fine di risposte, supportati da ritmi pesanti e chitarre potenti e, spesso, piene d’incanto. Ho una speranza molto utopica per il mondo, che le persone guardassero l’una verso l’altra andando oltre i traguardi raggiunti, i marchi, la nazionalità, il genere e l’etnia. Queste sono la speranza e l’apertura che cerco di trasmettere attraverso il suono dei Gospelheim.

NEGLI ULTIMI ANNI NELLA SCENA HARD ROCK ED HEAVY METAL ABBIAMO POTUTO AMMIRARE UN RINNOVATO INTERESSE PER GRUPPI COME IL VOSTRO, DOVE CI SONO MELODIE IMMEDIATE, QUASI POP, INSERITE IN UNO SCENARIO DEVOTO AL METAL E ALL’HARD ROCK, CON FORTI INFLUENZE DARK ROCK, DARKWAVE E POST-PUNK. PERCEPITE PURE VOI QUESTO GROSSO INTERESSE PER QUESTE COMMISTIONI? COME SI INSERISCONO SECONDO VOI I GOSPELHEIM IN QUESTO SCENARIO?
Ricardo: – Se c’è un interesse per queste sonorità e le persone le stanno apprezzando, significa che diverse band hanno lavorato bene. Non sono sicuro che ci sia veramente un trend da questo punto di vista, non siamo qui per saltare su un carrozzone, metterci in scia a una moda. Cerchiamo di suonare la nostra musica meglio che riusciamo, nella maniera che può piacere anche ad altri. E speriamo anche di creare un live show che lasci una buona impressione al pubblico.
Coco: – La cosa più importante nell’interagire attraverso la musica è il modo in cui colpisce le persone, se le smuova o le lasci indifferenti. Generi e arrangiamenti sono soltanto un mezzo per decorare e presentare un concept, un’idea o un’emozione. Le nostre scelte stilistiche riflettono l’estetica che sentiamo più vicina a noi, e se il pubblico mostra di apprezzarlo, significa che abbiamo un trovato un terreno comune di dialogo, una piattaforma per comunicare attraverso la nostra musica con gli appassionati di vibrazioni cupe ed eclettiche, quelle emanate da band come Dool, Unto Others e, si spera, Gospelheim.

AVETE INIZIATO LA VOSTRA ATTIVITÀ LIVE NEL REGNO UNITO QUANDO LE RESTRIZIONI PANDEMICHE ERANO STATE SUPERATE SOLO DA POCHE SETTIMANE. COME SIETE STATI PERCEPITI DALL’AUDIENCE IN QUEL MOMENTO, E COME VI SIETE TROVATI A INTERAGIRE CON IL PUBBLICO, DOPO UN PERIODO COSÌ CRITICO PER I CONCERTI?
Ricardo: – Abbiamo avuto reazioni fenomenali fin dall’uscita del nostro primo singolo “Into Smithereens”, da parte dei fan, delle radio e di chi ci recensiva. Il nostro primo concerto è stato probabilmente uno dei più completi, in termine di allestimento del palco. Anche se in quel momento eravamo ancora soltanto un trio, questa band è stata creata per suonare dal vivo, per creare uno spettacolo che possa impressionare il pubblico, che resti impresso e porti le persone a ritornare la volta successiva. Siamo partiti con aspettative molto elevate, già al nostro primo live abbiamo suonato avendo alle spalle un collage di film muti che scorrevano mentre noi suonavamo. Ci siamo accorti in fretta che non era una situazione gestibile in tutte le venue in cui si saremmo potuti esibire e ci siamo quindi adattati alle circostanze. Siamo stati pazienti e abbiamo cercato altre strade per intrattenere chi veniva a vederci, cercando di andare oltre gli ostacoli tecnici che ci possono essere in luoghi non sempre così adatti per quello che abbiamo in mente. Stiamo tutt’ora cercando di inserire elementi visive, oggetti di scena e altro ancora che possa arricchire la parte strettamente musicale. Speriamo di introdurre delle novità a breve, così da rendere sempre più interessanti i nostri concerti.
Coco: – Eravamo incerti su quale sarebbe stato l’impatto della pandemia sull’accessibilità ai live, quali limitazioni vi sarebbero state per band e fan alla luce delle regole che sarebbero state implementate. Penso che l’industria musicale si stia ancora adesso confrontando sulle ricadute a lungo termine della pandemia e delle regole sociali imposte. È difficile capire oggi come influiranno nel modo di vivere gli eventi musicali dal vivo.

SE DOVESTE SCEGLIERE CON QUALE BAND ANDARE IN TOUR, QUALE SAREBBE?
Ricardo: – Carpenter Brut.
Coco: – Ville Valo.

QUALI SONO I VOSTRI PROGETTI, ORA CHE È USCITO “RITUAL & REPETITION”?
Ricardo: – Concerti, concerti e ancora concerti. Vogliamo suonare il più possibile, così da poter maturare come band. Vogliamo uscire, fare chilometri e promuovere l’album ovunque ci sia concesso farlo.
Coco: – Il nostro obiettivo principale è di portare il disco in più posti possibile, migliorare i nostri live show al punto che possiamo inserire tutti gli elementi scenici che vogliamo e che sono nelle nostre visioni fin dagli inizi. Vorremmo provare quanto più esperienze live possibili, espanderci al di là del contesto che già conosciamo e sfidare noi stessi, per metterci alla prova di fronte a diverse comunità e band al di fuori della scena di Manchester.

GOSPELHEIM – Blues, Satana e altre frivolezze