«Siate pronti perché tutto finirà molto presto». Quando padre Pio predisse a Maria José la fine della monarchia

“Maria José. Indomita regina” edito da Ancora, è il titolo della biografia di Luciano Regolo, condirettore di Famiglia Cristianan e di Maria con te dedicato alla consorte del principe Umberto II. In esso numerosi episodi e vicende  ricostruiti attraverso testimonianze e documenti, tra i quali la fiera opposizione della principessa a Mussolini. Pubblichiamo il resoconto accurato dell’incontro tra Maria José e padre Pio da Pietralcina, avvenuto il 12 aprile 1942.

 

A conferma della tensione emotiva, che, senza darla a vedere, dovette

vivere nel suo intimo la Principessa di Piemonte, c’è anche uno degli incontri

più particolari e intensi della sua esistenza che fece proprio in quel

periodo. La madre Elisabetta le aveva manifestato da tempo il desiderio di

sapere qualcosa di più di quel frate di Pietrelcina la cui fama di taumaturgo

era arrivata sino a Bruxelles. «Dicono che porti le piaghe del Cristo, sia

in grado di prevedere il futuro e di viaggiare in spirito, essendo presente

in più luoghi contemporaneamente», le aveva scritto. Alcune dame della

regina Elena fra l’altro avevano già incontrato Padre Pio e confermarono

in pieno alla Principessa che quell’uomo aveva dei carismi particolari.

Fu così che Maria José, quasi d’impulso, decise si raggiungere il convento di

Santa Maria delle Grazie a San Giovanni Rotondo.

Mi spiegò lei molti anni dopo sulle motivazioni di questo blitz ad alto

tasso di spiritualità: «Quella fu l’unica volta che lo vidi. All’epoca stavo vivendo un periodo piuttosto

difficile. Avevo perso da alcuni anni mio padre e mia cognata, entrambi morti

in seguito a incidenti, tanto tragici quanto imprevedibili. Il che rendeva ancora più

difficile rassegnarsi alla loro mancanza. Ero poi angosciata per la guerra e la situazione

politica in cui versava l’Italia. Può darsi, quindi, che il mio stato d’animo abbia

influito sulla decisione di andare a conoscere Padre Pio. Ma oggi, dopo che gli anni

mi hanno resa forte di fronte a qualunque tipo di sofferenza, mi piace credere che

l’elemento scatenante fu la curiosità. Mi accompagnarono un’amica e mia nipote,

Giuseppina Carlotta, figlia di mio fratello Leopoldo, che allora aveva quasi 12 anni e

si trovava in Italia mia ospite. Ci mettemmo in auto di buon’ora. Per tutto il viaggio

non parlammo d’altro che dell’aldilà, di premonizioni e altri fenomeni paranormali».

 

La visita della Principessa a San Giovanni Rotondo viene regolarmente

registrata nella cronistoria del convento: «1942, 12 aprile: alle ore 9 arriva in visita a

Padre Pio la principessa Maria José di Piemonte, accompagnata dalla principessa figlia del re del Belgio, dalla duchessa

Pucci e da molto seguito. Ascolta la messa di Padre Pio, rimanendo sempre in ginocchio.

Dopo la messa, ha un incontro privato col Servo di Dio».

Altri particolari di quello storico e insolito meeting furono raccolti nel

1995 da Padre Gerardo Di Flumeri, vicepostulatore della causa di beatificazione

e canonizzazione di padre Pio: «La sera dell’11 aprile 1942, arrivarono al convento di San Giovanni Rotondo

quattro agenti della questura di Foggia con una lettera del prefetto, il quale annunziava

che la mattina seguente, in forma privatissima, sarebbe venuta alla Messa di

Padre Pio sua altezza reale la principessa Maria José di Piemonte. La notizia mise

tutti in fermento e i frati si diedero da fare per ordinare ogni cosa, in convento e

in chiesa. La mattina seguente, alle ore 9 precise, giunse la principessa Maria José, accompagnata

dalla principessa figlia del re del Belgio e dalla duchessa Pucci. L’augusta

principessa, entrata in chiesa, prese posto sulla parte sinistra dell’altare (in cornu Evangelii),

dove erano state preparate le poltrone per lei e per le persone che

l’accompagnavano. Padre Pio, come ogni giorno, era in confessionale. Terminate le

confessioni, si recò in sacrestia. Qui lo raggiunsero gli illustri ospiti per salutarlo e

ossequiarlo. Intanto la Principessa cominciò ad accusare una lieve indisposizione

causata dal viaggio. Iniziò la santa Messa celebrata da Padre Pio e la Principessa la seguì sempre in

ginocchio. Alla Comunione, però, non poté accedere alla mensa eucaristica, perché,

a causa della indisposizione, era stata costretta a prendere un bicchierino di ricostituente.

Finita la Messa, Maria José col seguito andò in sacrestia con Padre Pio, al

quale baciò la mano.

 

Passò poi in convento per la visita ai luoghi della casa religiosa.

Le fu offerto un modesto ricevimento, del quale l’accorto cronista ha notato il luogo

e il menù. Il luogo: la stanza del padre provinciale, che era la prima delle due stanze

nel piccolo corridoio a nord-ovest del convento. Il menù: una tazza di latte, pane abbrustolito

e un bicchierino. La Principessa lodò il pane dei frati e il padre superiore

ne consegnò una pagnotta al maggiordomo, perché lo portasse a Roma per la Principessa.

Al ricevimento erano presenti, oltre la Principessa, le persone del seguito, i

membri della comunità religiosa e il sindaco di San Giovanni Rotondo.

Seguì il colloquio privato della principessa Maria José con Padre Pio. In verità il

colloquio fu breve. Durò soltanto pochi minuti. Non sappiamo cosa le abbia detto il

venerato Padre. Forse la preparò al duro destino che l’attendeva?

Dopo il colloquio, tutti scesero nel giardino del convento, dove, per espresso desiderio

di sua altezza reale, furono scattate due fotografie: una di gruppo e una che

ritrae sola la Principessa e Padre Pio. Alle ore 13, la principessa Maria José con il

suo seguito partì alla volta di Foggia. Sul piazzale del convento si era radunata molta

gente, divisa in due file, che applaudì al passaggio dell’augusta principessa. Molti le

baciarono la mano. Alla partenza dell’autovettura reale, tutti applaudirono e gridarono:

“Evviva!”. Da notare: solo la Principessa firmò il registro dei visitatori (Maria

Principessa di Piemonte); l’illustre ospite rimase molto contenta e promise di ritornare,

conducendo con sé anche l’augusto marito, il principe Umberto. Purtroppo,

però, non poté mantenere la sua promessa, perché travolta dai tristi eventi bellici».

 

Ma che cosa accadde davvero in quell’unico incontro tra Maria José e

il futuro santo? Quando Maria José arrivò nella chiesetta di Santa Maria

delle Grazie, padre Pio stava confessando una mugnaia che, pur di andare

da lui, aveva affidato i suoi bambini a una vicina di casa. Pare che, quando

il frate guardiano si avvicinò per avvertirlo dell’illustre visita, Padre Pio

abbia risposto: «Sì, d’accordo, verrò. Ma prima lasciatemi finire». La Principessa, dunque,

dovette pazientemente aspettare il suo turno. Mi raccontò lei stessa: «Sinceramente non ricordo quanto tempo aspettammo. Mi è rimasta ben impressa,

invece, la moltitudine di giovani che sostavano in chiesa, davanti al confessionale,

con il rosario in mano, in attesa di parlare con il “frate delle stimmate”. Guardandoli,

pensai: “Se quest’uomo riesce a richiamare così tanti ragazzi deve essere senz’altro

una persona speciale”. Fu proprio mentre facevo questa riflessione che avvertii un persistente

profumo di violette misto a incenso. All’inizio credevo che ci fossero dei fiori

esposti lì vicino, ma bastò un’occhiata in giro per comprendere che non era così. Mi rivolsi

quindi a mia nipote: “Joséphine, ma lo senti questo profumo di violette?”. “E lei:

“Zia, ma che cosa dici? Sei pazza? Qui non ci sono violette!”. Neppure la mia amica

(Sofia Bossi Pucci) avvertiva il profumo. Chiesi, allora, alle persone che avevo vicino:

non diedero alcuna risposta, ma sorridevano con l’aria di chi la sa lunga. Io, invece,

continuai a sentire quell’odore per tutto il tempo dell’attesa, stupita, ma senza darvi

un particolare significato. All’epoca, infatti, non immaginavo neppure che, a detta di

molti, il profumo di fiori e incenso è uno dei segni con cui si manifesta la presenza

spirituale di Padre Pio. Richiamato, forse, dal nostro vociare ci venne incontro il frate

guardiano. Così, riproposi a lui il medesimo quesito. Mi diede un’insolita spiegazione:

“Siete fortunata, il profumo che state avvertendo, possono sentirlo soltanto le anime

belle. Mi creda è un dono del Signore”. “Sarà”, risposi io un po’ perplessa “speriamo

che sia così”. Sono sempre stata scettica di fronte a certi tipi di fenomeni e, oltretutto,

non sono mai stata particolarmente religiosa. La mia è una religiosità che mi piace

definire “pratica”, che esclude, cioè, ogni forma di evasione dalla realtà. Ancora oggi,

tuttavia, non riesco a trovare una spiegazione razionale a quel fatto straordinario…

A un certo punto il frate uscì dal confessionale, indossava il saio scuro e portava

il cappuccio sul capo. Due occhi grandi e intensi illuminavano il suo volto pallido

e segnato dalla stanchezza. Venne verso di me. Quando eravamo a un palmo di distanza,

qualcuno mi afferrò dalla nuca e spinse in basso il mio capo finché le mie

labbra non toccarono le stimmate sulle mani di Padre Pio, proprio mentre stavano

sanguinando. Insomma, nonostante opponessi resistenza, mi fecero baciare per forza

quelle piaghe. Stavo per esprimere tutto il mio disappunto, ma rimasi interdetta dalla

dolcezza e dall’umiltà di quell’uomo. Lui mi guardò: i suoi occhi sprizzavano gioia.

Poi con un filo di voce ci chiese: “Perché non andiamo nella mia cella? Lì staremo più

tranquilli…”. Compresi dal suo modo di fare, semplice e del tutto spontaneo, che non

poteva essere responsabile dello spiacevole equivoco. Non era certo il tipo di persona

che potesse incoraggiare l’idolatria o il fanatismo.

Joséphine, la mia amica e io seguimmo silenziosamente il frate. Dentro la sua celletta

ci invitò a recitare una preghiera. Poi parlammo a lungo, soprattutto di mio padre

e di mia cognata Astrid. “Sono vicini al Signore”, disse come se potesse vederli.

Io non credevo alle sue doti di veggente, ma le sue parole mi provocarono egualmente

una sensazione di benessere. La serenità di quell’uomo non poteva lasciare

indifferenti. Gli confidai le mie inquietudini riguardo alla dittatura e alla guerra. Lui

mi disse qualcosa, che non riesco assolutamente a ricordare… Poco prima di abbracciarci

in segno di saluto, il frate, con lo sguardo fisso oltre le mie spalle e un sorriso

enigmatico, disse con un tono di voce più risoluto del solito: “La guerra continuerà.

Siate pronti perché tutto finirà presto. Molto presto!”. A lungo ho creduto che si riferisse

al secondo conflitto mondiale che durò altri tre anni, un arco di tempo non

certo breve per quella che, per giunta, si era preannunciata come una guerra lampo e

si avviava già al primo triennio.

Così, ho pensato che Padre Pio si fosse clamorosamente sbagliato. Ma più di

recente, si è fatta strada in me la convinzione. che quel “Tutto finirà molto presto”

fosse riferito a Casa Savoia e alla caduta della monarchia in Italia. Probabilmente,

in occasione della mia visita, dal momento che ero la moglie del principe

ereditario, il frate presagì il crollo della monarchia. Forse fu volutamente sibillino

per non crucciarmi. Se così fosse ciò che mi disse Padre Pio corrisponderebbe

in pieno alla verità. Da quel giorno alla nascita della repubblica, infatti, passarono

solo 4 anni, un lasso di tempo davvero esiguo per togliere di scena quella che

allora sembrava una delle dinastie regnanti più solide d’Europa. Nessuno potrà

mai stabilire che cosa abbia effettivamente voluto dire il frate. Si possono fare

soltanto delle ipotesi.

Per me, comunque, cambia poco […]. Spesso il bisogno di assistere a prodigi ultraterreni

– oggi sempre più diffuso – fa perdere di vista il primo dovere di un credente

che, a mio avviso, è aiutare il suo prossimo, con ogni mezzo, su questa terra. Ecco

perché le eventuali doti sovrannaturali o – se si preferisce – l’eventuale canonizzazione

di Padre Pio m’interessano fino a un certo punto. È una figura che merita comunque

rispetto per aver dedicato gran parte del suo tempo ai bisognosi, con umiltà

e discrezione. Due doti davvero rare».

 

Il rispetto, a quanto pare, fu reciproco. Diversi anni dopo quello strano

incontro lo stesso Padre Pio ne riferì allo scrittore Luigi Tucci, dicendo:

«Maria José di Savoia è una gran signora, una vera signora dello

spirito e merita, perciò, ogni rispetto». Riferii questo giudizio all’ultima

Regina e lei: «Che io ricordi a me personalmente non disse nulla di simile. Però mi piacerebbe

sapere che cosa avrà voluto intendere Padre Pio definendomi una “signora dello spirito”.

Mi rammento, invece, che, subito dopo la mia visita a San Giovanni Rotondo, mi

precipitai da Umberto per raccontargli del mio incontro con il “frate delle stimmate”.

Lui ascoltò in silenzio, senza replicare nulla. A Padre Pio, in seguito, scrissi qualche

lettera. Quando gli spedii l’ultima commisi un’imperdonabile “gaffe”. Per errore feci

imbucare la minuta anziché la bella copia. Il frate ricevette così dei foglietti pieni di

cancellature e disegnini: dai fiori ai volti umani. È sempre stata mia abitudine scarabocchiare

sui fogli su cui scrivo: mi rilassa e mi aiuta a mettere a fuoco le idee… Fatto

sta che da allora non ebbi più il coraggio di scrivergli».

 

Il racconto di Maria José sul suo incontro col mistico del Gargano dovette

impressionare Umberto che a un ventennio di distanza, il 7 giugno

1962, una decina di giorni dopo che anche l’ultimogenita Maria Beatrice

era andata a conoscere Padre Pio, fece recapitare una lettera al religioso da

Falcone Lucifero, il ministro della Real Casa negli anni dell’esilio:

«Reverendissimo Padre, da tempo mi riprometto l’onore di venire a renderle devoto

omaggio, ma gli imprevedibili impegni di servizio mi hanno costretto a differire

più volte la visita. Di ritorno dall’estero, dove mi sono recato presso Sua Maestà il

Re, compio l’incarico di parteciparle il deferente saluto del sovrano, il quale desidera

farle sapere che il 10 maggio scorso, in viaggio aereo per la Grecia, ebbe la fortuna

verso le ore 10.45, di sorvolare San Giovanni e in quei momenti con particolare affetto

pensò a vostra reverenza. Sua Maestà rinnova la sua preghiera alla divina Provvidenza, perché voglia continuare

ad assisterla nella grande opera di carità e d’amore che vostra reverenza compie

con inesausta generosità e, mentre si raccomanda alle sue preghiere, le invia

l’espressione dei suoi affettuosi sentimenti. Voglia accogliere, reverendissimo Padre,

anche i miei personali voti e referenti saluti, mentre mi inchino a baciarle la mano».

 

La grata ammirazione che Umberto esprime verso Padre Pio per la sua

generosità e il suo amore verso il prossimo pare riecheggiare le parole della

moglie: «È una figura che merita comunque rispetto per aver dedicato gran

parte del suo tempo ai bisognosi, con umiltà e discrezione»

 

«Siate pronti perché tutto finirà molto presto». Quando padre Pio predisse a Maria José la fine della monarchia