Chiesa e abusi: una hybris prometeica

abusi

In ambito ecclesiastico, negli ultimi anni, si sono registrati abusi sessuali e abusi spirituali, intesi come esercizio di potere, sottomissione e dignità violata, sfruttando la fede della vittima come contesto di copertura. Il caso Rupnik ci ha lasciati basiti e increduli.

Il rimanere attoniti è determinato anche dal fatto che siamo in presenza di un artista talentuoso e di fama internazionale. Picasso sosteneva che «l’arte ha lo straordinario potere di scuotere dall’anima la polvere accumulata nella vita di tutti i giorni». Noi crediamo in questa affermazione, ma, al contempo, avvertiamo che la nostra anima è come travolta di una tempesta di sabbia e polvere.

Il caso Rupnik

Comprendiamo il potere che è in mano all’arte e agli artisti. Il vero artista ha in sé una sensibilità particolarmente sviluppata e il suo genio si concretizza attraverso un’analisi sociale, civile e religiosa molto profonda e acuta. L’artista è un intellettuale con un ruolo che comporta grande responsabilità umana e sociale.

L’artista si fa portavoce di pensieri etici, religiosi, sociali e umani che possono aiutare a costruire, intorno alle persone, un mondo migliore. Quella dell’artista è una vera e propria missione comunitaria. Gli artisti possano aiutare ad essere più felici e a ritrovare un entusiasmo positivo capace di cambiare le persone da dentro.

Comprendiamo quale debba essere il ruolo etico dell’artista e quale importante responsabilità sociale egli si trovi a gestire. Nel caso Rupnik affiorano interrogativi di non poco conto: rifiutare le opere di artisti immorali? Attribuire l’etica dell’autore alle sue opere? È giusto godere delle opere d’arte fatte dalle persone immorali? Sono solo alcune delle domande che prepotentemente si presentano di fronte all’increscioso caso.

Avvertiamo il drammatico esito di una dirompente e devastante hybris prometeica di un’insaziabile e lussuriosa concupiscenza di un single, rinchiusosi nella prigione di un tragico narcisismo, nel vano tentativo di volersi mettere al posto di Dio usurpandone il potere. Siamo in presenza di una decisa perversione dello spirito e/o il mascheramento di una perversione sessuale (e le due cose spesso coincidono). Siamo in presenza di un misticismo orgiastico.

Abusi: un incesto spirituale

Dobbiamo da subito evidenziare che gli abusi perpetrati hanno un tratto descrivibile come incesto spirituale. Essi sono infatti stati commessi – qualora venga accertata l’imputabilità – proprio da colui che avrebbe dovuto essere trasparenza incarnata della paternità di Dio e della maternità della Chiesa per coloro di cui ha invece scandalosamente abusato.

E tali abusi risultano inoltre spiritualmente pure orgiastici, essendo il protagonista anche fratello nella stessa fede in ragione del comune battesimo. Egli giustificava ai suoi occhi azioni devianti. Ha abusato del ruolo di “padre spirituale” per imporre atti erotici a persone soggiogate e non libere.

Impropriamente si fa riferimento anche a una scomunica latae sententiae per assoluzione del complice. Ma può mai ritenersi complice una persona soggiogata e non libera? Non sarebbe piuttosto più opportuno parlare di stupro e uso fraudolento, mirante al solo profitto sessuale, del discorso religioso, per teologia deviante e corruzione delle anime? Bisogna decostruire le “giustificazioni” di una casuistica ipocrita.

Se ci limitiamo all’indignazione (ed è cosa necessaria, davanti a un tale accumulo di scandali interni), se ci accontentiamo di spiegazioni psicologiche o psichiatriche (le quali sono comunque una parte del problema), rischiamo di farci sfuggire l’essenziale: il legame diretto tra abuso spirituale e abuso sessuale.

I predatori sessuali operano nelle strutture ecclesiali su anime innocenti assetate di Dio. Essi non agiscono al di fuori, nei margini delle sessualità impossibili, ma al contrario nel cuore delle loro missioni religiose.

Questi ascoltano le confessioni, dirigono le coscienze per meglio contorcerle e ricondurle alle loro perversioni. Essi approfittano del loro ascendente religioso, della loro posizione di predominio (fondatore, prete o comunque “padre spirituale”) per praticare non soltanto stupri di coscienza, violazioni dell’innocenza, della freschezza dell’anima, del corpo e dello spirito, ma anche per giustificare tutto ciò in nome della religione.

Perversione della parola religiosa

Si comprende allora meglio perché la perversione sessuale interviene nel processo a pervertire il discorso religioso: ci vuole il dominio spirituale su un’anima innocente, per corromperla; ci vuole la potenza del segreto religioso e l’iniziazione ai misteri di Dio per condurre le vittime a quella muta impotenza; ci vuole il potere della grazia di Dio per cancellare tutto. Quest’uso di Dio a fini di umanità diabolica mantiene il perverso nell’illusione di una giustificazione divina, di una “relazione speciale” che sarebbe al di là delle regole morali.

È una perversione anzitutto spirituale. La vittima deve acconsentirvi. Lo stupro diventa “relazione speciale”. La morale svanisce a vantaggio della “missione”. Perché si possa voltare la disgustosa pagina degli abusi, resta ancora da affrontare la questione della manipolazione spirituale nella Chiesa, attraverso i suoi strumenti (confessione, direzione/accompagnamento spirituale), i suoi discorsi.

Anche al di là delle perversioni eclatanti, tali strumenti vanno sempre maneggiati con prudenza, e i discorsi vanno svolti col più grande rispetto delle persone e la più grande considerazione per l’integrità (spirituale, psichica e fisica) delle persone.

Qual è la relazione tra l’abuso spirituale e quello sessuale? L’abuso spirituale e quello sessuale sono strettamente intrecciati. L’abuso spirituale è spesso la strategia di preparazione, cioè la strategia di iniziazione dell’abusatore per prepararsi e giustificare l’abuso sessuale.

Abuso spirituale

Nelle comunità gerarchicamente organizzate o nei rapporti in cui si trovano un superiore e un subalterno, esiste sempre la possibilità di conflitti. Nella ricerca di una adeguata definizione di quando si verifica un abuso di potere, di autorità o un abuso spirituale, è necessario anzitutto avvertire che ogni difficoltà con il rispetto dell’autorità nella gerarchia ecclesiastica non è di per sé già un abuso.

Parliamo di abuso spirituale quando in un contesto religioso si oltrepassano i confini della dignità della persona, che il Creatore ha delineato per l’uomo come persona, in modo che si restringa il suo spazio vitale fisico, spirituale e intimo. Ciò si verifica in maniera manipolativa e senza il consenso del singolo, in modo che sotto il pretesto della spiritualità nel senso più ampio della parola lo si umilia o annulla.

Il confine dell’abuso è quando la persona nell’ufficio di superiore per soddisfazione personale abusa del potere e dell’autorità ed entra nello spazio intimo e spirituale della persona subalterna, utilizzando diversi modi di manipolazione e di intimidazione.

La prima caratteristica dell’abuso spirituale è la violazione dei confini. La violazione dei confini spirituali viola la privacy della persona. La persona perde lo spazio protettivo che la sua dignità merita. Qui avvengono le cose più intime della vita spirituale. Nelle comunità questo prende spaventosamente spesso la forma che l’accompagnamento è offerto, persino permesso, solo all’interno della comunità.

Qui le aree del forum interno e del forum esterno, che dal diritto canonico sono strettamente separate, si confondono. Nelle comunità si sviluppano molto facilmente strutture incestuose[1].

Prendere il posto di Dio

Secondo Klaus Mertes l’abuso spirituale si fonda su una profonda confusione nella relazione tra la guida spirituale e la voce di Dio, per cui si può arrivare alle seguenti anomalie. Il superiore o accompagnatore confonde la persona subalterna in modo che questa lo scambi con la voce di Dio. Una seconda possibilità è che il superiore o accompagnatore stesso si sostituisca alla voce di Dio. Invece, una terza variante di abuso spirituale porta alla sostituzione combinata dei ruoli delle prime due possibilità. Ciò significa che il superiore si considera inviato di Dio a cui il subalterno deve credere e che deve seguire, ma anche lo stesso subalterno lo vede in questa luce[2].

Questo tipo di abuso può includere manipolazione e sfruttamento, l’imposizione di una falsa responsabilità, una censura sulle decisioni, la pretesa del segreto, la coercizione, il controllo sotto il pretesto della volontà di Dio, la pretesa di obbedienza, la sottolineatura di una posizione eccezionalmente privilegiata o sublime del subalterno, l’isolamento come strumento di punizione, la superiorità e l’elitismo.

È caratteristico dell’abuso spirituale il fatto che la persona superiore ferisca quella sottomessa nell’ambito della sua autonomia e libertà personale in contesto religioso. Questo abuso si può manifestare sotto forma di negligenza spirituale, laddove la persona subalterna è privata delle possibilità di crescita spirituale, come manipolazione spirituale o come violenza spirituale.

È tipico della manipolazione spirituale un tipo di comportamento sottile e nascosto, laddove la persona subalterna è fuorviata, riceve informazioni errate per il proprio comportamento, per cui non si accorge che le viene tolta l’autonomia, ossia la libertà personale.

Nella violenza spirituale si verifica un totale controllo dell’altro che deve seguire le indicazioni, accettare gli ideali presentati, limitare severamente i contatti con gli altri, essere sottoposto al controllo nella vita quotidiana, ad es. nella comunicazione con gli altri. Una tale forma di abuso può durare tanto tempo finché la persona subalterna riconosce a quella superiore la sua autorità e potere, ossia finché non riesce a fuggire dal cerchio della prigionia.

Gli abusi spirituali, di cui la Chiesa soltanto negli ultimi anni ha consapevolezza in modo più integrale e completo, possono colpire il singolo o le comunità. Si verificano in ambiente di fede, laddove sotto il pretesto dell’ascolto di Dio, rappresentato ad es. dalla guida spirituale o dal superiore, questi esercita potere sugli altri.

Violenza sessuale e violenza spirituale

L’abuso spirituale può collegarsi all’abuso sessuale e può rappresentarne un preludio, sebbene questa non sia una regola. Entrambi possono manifestarsi come forme indipendenti di abuso. La caratteristica di entrambi è il rapporto asimmetrico tra la persona preposta e quella subalterna, solitamente si giunge all’abuso spirituale nei sistemi chiusi con un’organizzazione severamente gerarchica.

Qui bisogna sottolineare che la violenza sessuale in contesto religioso è difficilmente comprensibile senza conoscere la natura e il contesto di una violenza spirituale. Le persone a rischio e fragili, che sono una facile preda per questo tipo di abusatori, sono specialmente i novizi nelle comunità religiose, i convertiti, le persone con alti ideali, le comunità carismatiche e religiose con regole confuse sul ruolo dei singoli membri e degli organi di governo.

La caratteristica principale dell’abuso spirituale è la perdita di autonomia spirituale personale, per cui chi abusa disprezza la vittima, la manipola ed esercita violenza su di lei. Qui è sempre in evidenza la domanda su Dio e la fede, pertanto ciò che è di Dio nel rapporto verso l’altro è abusato per soddisfare le necessità personali.

Similmente all’abuso sessuale, anche la dinamica di abuso spirituale è tale per cui in seguito la vittima, se non elabora i traumi, può divenire autore di abusi e assumere inconsapevolmente i modelli di comportamento degli abusatori, ripetendo nel ruolo di governo ciò che ha subìto come vittima.

Quali sono le cause degli abusi contro le donne? Il primo requisito è uno squilibrio di potere. Le donne adulte subiscono spesso abusi nelle relazioni pastorali. La persona dipendente ha spesso un’enorme fiducia nell’aggressore, può essere manipolata. Il potere l’aggressore lo usa per trasformarla in un oggetto con il quale può fare quello che vuole.

Nel caso dei sacerdoti, entra in gioco l’eccesso di potere sulle donne. Le donne pensano: “Sto bene quando servo e non dico ‘io’ troppo ad alta voce”. L’abuso sessuale spesso non riguarda la soddisfazione degli impulsi, ma piuttosto il bisogno narcisistico di manipolare una persona fino al punto di far venire meno la sua volontà.

Dalla fiducia alla violenza sessuale

L’abuso arriva lentamente, non accade subito. Gli aggressori costruiscono un rapporto di fiducia e diventano indispensabili. Dicono alla vittima che è la persona più importante nella vita e lei inizia a crederlo e diventa dipendente. Solo allora si verificano gli attacchi. Le persone colpite sentono già che questo non è un bene per loro, ma la loro percezione è così annullata che non possono più capirne il senso.

Nelle comunità i membri si chiudono in se stessi e questo ha come risultato di rimanere intimiditi e isolati. E improvvisamente non c’è più nessuno a cui la persona colpita possa dire quello che sta succedendo. Gli aggressori hanno detto loro quale fosse la volontà di Dio per loro e loro hanno dovuto obbedire.

È difficile definire gli abusi sessuali, esistono diversi tentativi di definizione specialistica. Il concetto di abuso (lat. abusus) nel senso più ampio del termine significa attività o atto in contrasto con gli standard sociali in vigore, con le norme umane generalmente accolte e contro la dignità della persona umana.

Indica lo sfruttamento della propria condizione per vantaggio personale o per un’azione illecita che provoca danno materiale o immateriale a sé e agli altri. È l’uso errato o negativo, ossia abuso della propria condizione in contrasto con lo scopo dell’ufficio affidato. L’abuso si caratterizza per il fatto che la sua azione è progettata e voluta, cosa che vale anche per la dinamica di abuso sessuale.

L’abuso sessuale è ogni azione non verbale, verbale o fisica con cui si viola la dignità e si oltrepassano i confini di un’altra persona di qualsiasi età o sesso allo scopo di raggiungere il piacere sessuale o di compiere violenza. È ogni contatto fisico o interazione, azione visibile, verbale o psicologica tra un minorenne e un adulto, oppure tra due persone adulte, quando chi abusa utilizza l’altro contro la sua volontà come mezzo di eccitazione sessuale.

Trauma e potere

La violenza sessuale rientra tra le più traumatiche esperienze esistenziali e lascia ferite profonde. Quando parliamo di violenza sessuale, anzitutto pensiamo alla violazione, che tuttavia rappresenta solo un aspetto minimale nell’ambito di questo tipo di violenze. La maggior parte degli abusi è rappresentata da altri meccanismi precedenti di dipendenza dai rapporti e di dimostrazione di potere su vittime particolarmente selezionate.

Soltanto quando orientiamo lo sguardo sull’esperienza interiore della vittima, con cui l’aggressore si comporta come questa non vuole, ci accorgiamo che si tratta di violenza. In tale condizione la vittima non riesce a sviluppare o riconoscere la propria volontà, ancor meno a farla valere.

Le esperienze degli psicoterapeuti attestano che in tutti i casi di abusi sessuali si verifica una lunga preparazione che inizia anzitutto nella fantasia del violentatore. L’abuso sessuale in primo luogo è un abuso di fiducia ossia un abuso sentimentale, che soltanto in un passaggio successivo può arrivare al livello fisico, come è tipico in particolare per i membri della famiglia oppure per chi abusa tra le file del clero, che gode di una grande fiducia tra la gente. Un lungo abuso, anche solo sentimentale, e la dipendenza dai rapporti possono provocare conseguenze insanabili.

Più a lungo dura l’abuso, peggiori conseguenze lascia nella vittima, danneggiandola a livello spirituale fino al punto che non può vivere normalmente. La vittima, che per chi abusa non è un partner alla pari, ma un puro oggetto sessuale, è assalita da gravi sensi di colpa e di vergogna, pertanto spesso ha disturbi di alimentazione e difficoltà nell’assolvere i doveri quotidiani, nel sonno e nei rapporti in genere.

Di solito la vittima vede nella fuga la salvezza dalla trappola, ma la fuga può essere solo interiore – davanti ai sensi di colpa personale – e non davanti a chi abusa. La fuga dal corpo, dalla condizione e dall’esperienza personale porta la persona abusata ad estraniarsi da sé stessa e alla solitudine, che può condurre a una tale confusione da non permettere più una corretta valutazione delle proprie percezioni, né di affidarsi ad esse.

Coloro che commettono violenza sessuale spesso sono dipendenti dalla sessualità. La dipendenza è una malattia caratterizzata dalla ripetizione e dall’aggravarsi del comportamento dannoso. Le caratteristiche della dipendenza sono intossicazione, ripetizione e aumento della dose, eccessi e cadute di umore, incapacità di interrompere il comportamento patologico nonostante la consapevolezza della sua dannosità e la reazione di astinenza. La persona dipendente si accorge del comportamento dannoso e vuole smettere, tuttavia non riesce, perché altrimenti vivrebbe una crisi di astinenza[3].

Non casi ma questione strutturale

Nella violenza sessuale non si tratta solo di casi singoli, ma di un fenomeno molto diffuso e di un problema strutturale. Talvolta le istituzioni ecclesiali hanno offerto un ambiente favorevole per esercitare violenza sessuale e nasconderne gli autori su giovani e adulti di entrambi i generi che, col pretesto della spiritualità e della vita di fede, hanno abusato dell’ufficio affidato e dell’autorità per esercitare potere e scaricare i propri impulsi sessuali su bambini, giovani e adulti.

Una grande sfida per la Chiesa è il riconoscimento della colpa e l’accettazione della responsabilità.  Nascondere la problematica deve diventare un retaggio del passato: sono necessarie onestà, verità e trasparenza.

Concludo ritornando alla questione iniziale sui criteri di valutazione dell’arte. Ogni qual volta le torbide malefatte degli idoli del pantheon dell’arte vengono a galla ci si chiede: è giusto scindere l’opera dall’artista?

Dietro la candida effigie di chi ha fatto della purezza e della sublimità il principio delle sue creazioni, sembrerebbe infatti nascondersi un’anima affatto linda. I fatti venuti alla ribalta hanno gettato luce sui lati oscuri di una personalità ambiguamente sinistra, che avrebbe sfruttato la sua autorità per esercitare un controllo perverso sui corpi e sulle anime di donne. Da qui si sarebbe insinuata l’inquietante ipotesi di atti sessuali consumati senza il loro consenso.

L’immagine di Rupnik e la sua produzione artistica

Sopraggiunge quindi il grande interrogativo a cui è difficile rispondere a monosillabi: è giusto per questo ripudiare, a posteriori, il lascito inestimabile che questo artista del mosaico ha donato alla storia dell’arte sacra mondiale? È lecito condannare i suoi mosaici così lodati, ora che la sua immagine è compromessa da presunte (o certe) accuse di abusi sessuali e spirituali? Dopo la notizia degli abusi è quindi davvero possibile riuscire a contemplare i suoi mosaici a cuor leggero, senza lasciarsi scalfire da un senso di disagio per gli abusi commessi dall’autore? Si può omettere questo “dettaglio” della sua vita privata?

Tenere vivo il focus sul prodotto creativo piuttosto che sull’autore non significa forse abdicare alla responsabilità educativa e all’influenza che l’arte e i suoi rappresentanti esercitano sulle vite dei suoi fruitori? Non sarebbe opportuno prendere le distanze per evitare che tali abusi possano essere legittimati?

Se, infatti, negli ultimi anni è cresciuta la consapevolezza nel dibattito pubblico su atteggiamenti che non vengono più normalizzati come in passato, essendo cambiati – per fortuna, aggiungerei – i canoni di accettazione nei circuiti artistici, risulta faticoso accettare che ciò che amiamo è figlio di distorsioni dovute alle autorevoli personalità che si celano dietro una creazione artistica che hanno temprato il nostro gusto negli anni e tracciato le nostre coordinate nella geografia della produzione artistica.

Se, dunque, difendere l’arte per l’arte significa farlo a discapito di soggetti violentati nella loro umana dignità, oltre che fisicamente, dovremmo forse ripensare il confine della nostra accettazione. Dovremmo porci all’ascolto di chi non si sente a proprio agio con quel fascino tanto idolatrato nei suoi mosaici. Abbiamo altresì il dovere di sviscerare gli effetti di quelle opere sulla comunità ecclesiale e interrogarci.


[1] Cf. Sr. Katharina Kluitmann osf, Abuso spirituale. Una breve introduzione al tema, pro manuscripto,

[2] Cf. D. Wagner, Spiritueller Missbrauch in der katholischen Kirche. Freiburg – Basel –Wien, Herder, 2020, p. 20.

[3] Cf. G. Versaldi, Aspetti psicologici degli abusi sessuali perpetrati da chierici, in “Periodica” 91 (1): 54–55.

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