Marciando su Roma: quell’ottobre fascista del 1922 che ricorda il 6 gennaio 2021 in USA

Tutti le strade portano a Roma? Allora anche le marce che intendono cambiare la storia. Si potrebbe sintetizzare così lo scopo del convegno di venerdì 28 ottobre, giorno del centenario dell’arrivo delle squadre di fascisti sulla capitale d’Italia, intitolato “Marching on Rome. Contesting the Eternal City Through the Centuries” tenuto all’ Italian Academy della Columbia University. Organizzato dalla Society for Italian Historical Studies insieme alla Columbia e Stanford University, il gruppo di studiosi provenienti da varie università sparse negli Stati Uniti e Canada – ma anche in Italia e UK –  si è riunito per analizzare l’importanza non solo politica ma anche “morale” e “spirituale” che nella storia ha avuto Roma come meta di conquista per  raggiungere degli scopi  di paesi, movimenti e idee nella storia. Si legge nel poster del convegno:

“Eppure i fascisti non furono i primi, né gli ultimi, a inscenare un simbolico assalto alla Città Eterna; infatti, le marce su Roma sono state per secoli un pilastro della vita politica italiana. Per figure così diverse come Giulio Cesare, Cola di Rienzo, Petrarca, Carlo V, Giuseppe Garibaldi, Umberto Bossi e Beppe Grillo, l’Urbs Caput Mundi è stata variamente servita da premio, fonte di ispirazione e nemesi. Marciare su Roma è una tradizione fin dall’antichità che ha ispirato le versioni medievali, moderne e moderne di questo importante rituale politico”.

Una immagine dalla conferenza tenuta alla Italian Academy della Columbia University (Foto VNY)

Prima di descrivere ciò che abbiamo colto in alcuni interventi ascoltati, ricordiamo che alla Marcia su Roma dei fascisti del 1922 – durata dal 27 al 28 ottobre con circa ventimila camicie nere arrivate in maggior parte dal Nord ma anche dal Sud –   il capo del Fascismo non vi partecipò “fisicamente”. Mussolini restò in attesa che il Re Vittorio Manuele III lo chiamasse a formare il governo. La sera del 29 ottobre 1922 Mussolini si trovava ancora alla stazione di Milano: doveva prendere un treno verso Roma dopo aver ricevuto un telegramma in cui il re gli comunicava la disponibilità ad affidargli un incarico di governo.

Fu l’ultimo passaggio che portò Mussolini al potere, e il primo che segnò – due anni dopo – l’inizio della dittatura fascista, la prima in Europa, poi seguita da Stalin in Unione Sovietica (comunista, ma sempre totalitaria), Hitler in Germania e Franco in Spagna. L’immaginario collettivo ha attribuito alla marcia su Roma un valore simbolico: l’evento, con la minaccia della violenza, trasformò l’intero sistema politico italiano in senso autoritario. Mussolini, diventato primo ministro “con le minacce” dello scontro armato, ebbe spalancate le porte di quella che nel 1924 diventerà una vera e propria dittatura del partito unico con il duce al potere.

28 ottobre 1922: Benito Mussolini durante la marcia su Roma
28 ottobre 1922: Benito Mussolini attorniato dalle camicie nere

Ancora oggi si dibatte tra gli storici e gli studiosi dei sistemi politici del perché  le truppe fasciste provenienti da varie zone d’Italia non furono spazzate via dall’esercito regio che attorno alla capitale aveva più uomini e mezzi a disposizione. La tesi predominante è che il re Savoia, come l’establishment economico del regno d’Italia, aveva già individuato in Mussolini la figura che poteva portare “stabilità” ad un paese in bilico dopo quattro anni di scontri sociali e instabilità politica. Mussolini ne era ben cosciente: ricevuto il mandato del re a formare il governo, ordinò subito ai partecipanti alla marcia di tornarsene soddisfatti a casa. Chissà quanti tra coloro che pensavano di aver partecipato ad una “rivoluzione”, intuirono che avevano solo aiutato a spingere un colpo di stato “mascherato”,  voluto dai poteri economici e politici dominanti.

Quindi, la prima sezione della conferenza, intitolata “Marching through the Centuries” (Marciando attraverso i secoli), moderata da Brian Griffith (UCLA) è iniziata con la relazione di Jessica Goethals, (University of Alabama) intitolata “Apocalypse at the Gate: Marching towards the 1527 Sack of Rome”. Quello della storica Goethals è stata la presentazione che ha scosso il pubblico presente con descrizioni da “brividi”. Il sacco di Roma, compiuto dall’esercito di Carlo V d’Asburgo, avvenuto all’interno di uno dei conflitti del XVI secolo che porteranno poi alla spartizione dell’Europa tra Asburgo e Francia, vide i lanzichenecchi (truppe tedesche provenienti per lo più dall’Alt Adige) al servizio del re di Spagna, accanirsi contro gli abitanti della città eterna. Rimasti senza paga, senza comandante (morto in battaglia)  e senza ordini, in preda a un’avversione rabbiosa per il cattolicesimo, si abbandonarono per mesi al saccheggio di Roma, città a quel tempo ricca di opere d’arte e che furono per lo più distrutte. Persero la vita 20 mila persone. Le descrizioni fornite da Goethals, dicevamo, impressionanti: tra le violenze più efferate fatte subire ai romani, “l’esportazione dei testicoli che venivano fatti mangiare alle loro vittime…”.

Jessica Goethals durante la discussione alla conferenza (Foto VNY)

Adam Thomas Yonkers (Università di Milano) nella relazione “Marching against the ‘Usurper of Campidoglio’: Cisalpine views of the French invasion of Rome and the “liberation” of the Eternal City 1797-1798”, condotta via zoom, con l’audio non dei migliori. Anche via zoom quella di John Foot (University of Bristol) intitolata “The Mach on Rome (1922) and Violence: Secrets and Lies”. Notevole il resoconto fatto da Foot delle violenze che accaddero: quando migliaia di camicie nere raggiunsero Roma, dopo che il re le salutò dal balcone mentre passavano in fila, molti di loro si scatenarono nella capitale, aggressioni dirette in gran parte contro gli oppositori, la stampa libera e gli antifascisti. Decine di persone furono uccise. Molte le case distrutte e saccheggiate. “Era un avvertimento. Mussolini era responsabile di questa violenza e poteva scatenarla in qualsiasi momento, una minaccia che fece esplicitamente in parlamento subito dopo”. Foot ha ricordato anche la “coincidenza” dell’anniversario della marcia su Roma, che inaugura l’avvento del fascismo in Italia e in Europa, con l’inizio del governo di Giorgia Meloni. Ripredendo quello che lo storico inglese ha scritto in un recente intervento: “Meloni è cresciuta in una democrazia ed è salita al potere attraverso elezioni legittime, non con la violenza. Ma non si deve scavare troppo lontano per trovare l’amore e la nostalgia per Mussolini più espliciti tra i suoi seguaci e tra molti dei suoi ministri e deputati. Anche solo il fatto che non denunci pubblicamente tali tendenze nei suoi seguaci è un problema…. Questo importa? Il fascismo non è qualcosa che riguarda molto il passato piuttosto che il presente? Sì e no. La normalizzazione di un atteggiamento ambiguo nei confronti del fascismo è qualcosa di cui dovremmo preoccuparci. Ma la democrazia italiana è robusta e la costituzione è sapientemente redatta tenendo conto di questi pericoli. Detto questo, la maggior parte degli italiani non ha affatto memoria vivente del fascismo. L’antifascismo è quindi in declino da decenni. Nel 1994, quando i politici postfascisti entrarono nel primo governo di Silvio Berlusconi, ci furono grandi marce antifasciste a Milano e altrove. Non è più così – e forse questa mancanza di un’opposizione attiva al fascismo è la tendenza più preoccupante di tutte”.

Foot ha anche scritto di un’attitudine del  Mussolini di quegli anni che ci ricorda quella di Trump e del 6 gennaio, 2021:  “Mussolini non aveva mai accettato i risultati delle elezioni del 1919, e aveva giurato di ribaltare quei ‘vergognosi’ risultati con ogni mezzo necessario”.

Nella sezione due, intitolata “Claiming Rome: Appropriating Histories and Spaces” nel panel moderato da Diana Moore (John Jay College of Criminal Justice), sono state presentate le relazioni di John Hunt (Utah Valley University), “Sbirri and Spaniards: Violence and Diplomacy in the Streets of Seventeenth Century Rome” (Via Zoom), Piero Garofalo, (University of New Hampshire) “The Taking of Rome: Representations, Appropriations, and Misconceptions” e Yvonne Elet (Vassar College), “Marching into Rome: The Gateway to the Eternal City”.

Elizabeth Leake durante il suo intervento (Foto VNY)

Nella Sessione tre presieduta da  Roy Domenico (University of Scranton) e intitolata “Representing Rome: Images and Myths”, Elizabeth Leake (Columbia University), ha presentato il paper “Marches on Rome: Historical Events and Creative Transformations”, in cui ha descritto come sia il cinema che la letteratura dell’epoca abbiano mostrato la presa del potere di Mussolini come “qualcosa di inevitabile”. Poi le rappresentazioni cambiarono, e si definì “una scommessa strategica” fino al  “colpo di teatro”. Leake ha sottolineato la “delusione” di molti squadristi quando Mussolini, una volta raggiunto lo scopo di aver l’incarico di governo,  gli ordinò di “tornarsene alla loro solita occupazione”. L’intervento ha ricordato il film con Tognazzi e Gassman intitolato proprio  “La marcia su Roma” (1962), fino a quello di Nanni Moretti
“Aprile” (1996) in cui il regista romano fa una parodia della presa del potere di Berlusconi e Bossi. Alla fine del suo intervento, la storica Leake ha invitato i presenti in sala a riflettere sulla “Marcia su Roma” e quello che è avvenuto negli Stati Uniti il 6 gennaio del 2021: “non solo da accademici, ma soprattutto da cittadini”.

Rhiannon Evangelista durante il suo intervento (Foto VNY)

Rhiannon Evangelista (Georgia State University), in “The Racism of Romanità: Mobilizing the Idea of Rome for the Fascists’ Anti-Semitic Campaign”, si è concentrata sulla natura “razzista” del movimento fascista, analizzando soprattutto le idee e gli scritti di Giuseppe Bottai – ministro delle corporazioni e poi dell’educazione nazionale – in cui emerge il concetto di “romanità” già ben prima del “Manifesto della razza” e delle leggi razziali del 1938.  Per Evangelista, Bottai alimentò l’ideologia del regime con “l’idea di Roma”, un concetto di razzismo più “spirituale” che “biologico”. Per Bottai quindi la “romanità” era un valore che definiva essere italiani e cattolici, a differenza degli ebrei, che venivano definiti “materialisti” e lontani dalla “spiritualità degli italiani”. Bottai scrisse più nella rivista “Primato” invece che nella “Difesa della razza”, quella in cui scrisse anche Giorgio Almirante fino al 1943. Evangelista ha cercato di cancellare la leggenda che vede un Mussolini lontano dal razzismo fino al 1938 (per la studiosa le sue idee razziste iniziano nel 1911) mettendo anche in risalto come Bottai, che visse altri quindici anni dalla caduta del fascismo, nel 1949 pubblicò il suo libro di memorie in cui cercò di cancellare e far dimenticare agli italiani il razzismo e l’antisemitismo radicato nel fascismo.

Anthony B. Smith (University of Dayton), nell’intervento intitolato “From Rome to Hollywood and Back: The City and Its Circulations on Postwar Screens”, è partito dal grande successo che ebbero negli Stati Uniti, i film del neorealismo italiano (da “Roma città aperta”, a “Ladri di Biciclette”, fino a “Paisà” e “Riso Amaro”). Ma ecco che poi Hollywood si appropria dell’ “immaginario” di Roma, e con film come “Quo Vadis” e “Vacanze romane”, supera l’immagine  “proletaria” con una più consona ai “valori” che gli USA volevano irradiare ai popoli dei suoi paesi alleati nella “guerra fredda” contro il comunismo.

La quarta sezione, moderata da Silvana Patriarca (Fordham University), intitolata “The Contested City: Rome as Political Space”, ha visto l’intervento di Carol Harrison (University South Carolina), nella relazione intitolata “The Patria of all Believers: Catholic Women Lay Claim to Rome, 1869-1870”. Ancora una volta Roma diventa il centro per quel “Matriarchs Council” formato da Augustus Craven, Carolyne Wittgenstein, Emilie Meriman, Charlotte Von Leyden, che nel 1870, nei mesi prima della “breccia di Porta Pia”, a Roma crearono un dibattito che pur non ‘femminista’, nel rapporto con la loro fede cattolica cercava di far assumere alle donne un ruolo diverso.

Kara Peruccio durante il suo intervento (Foto VNY)

Kara Peruccio (University of Maine), in “‘Awake, Arise, Take Courage’: Mediterranean Women and the International Woman Suffrage Alliance Congress in Rome, 1923”,  descrive il movimento suffragista delle donne che si concentrò a Roma per un conferenza avvenuta un anno dopo la “marcia” delle camicie nere, e che in quel congresso vide anche la partecipazione di Benito Mussolini!

Franco Baldasso (Bard College), in “Ghosts from a Recent Past: Intellectuals in Rome during the Transition from Fascism to Democracy”, ha ricordato l’atteggiamento degli intellettuali italiani – Croce, Moravia, Carlo Levi, Saba, De Ruggiero, Savino –  negli anni dalla caduta del regime all’avvento della Repubblica, in cui Roma passa dal concetto della “romanità” fascista a quello invece di appartenenza alla più vasta comunità delle nazioni europee.

Il dibattito finale

Il convegno è terminato con la tavola rotonda  in cui hanno partecipato Mary Gibson (CUNY), Marla Stone (Occidental College), Paula Findlen (Stanford University) Josh Arthurs (University of Toronto, Scarborough), Claudio Fogu (UC Santa Barbara), in cui gli studiosi, nel rintracciare i principali punti delle relazioni presentate, hanno ricollegato il significato storico e morale della “Marcia su Roma”, riflettendo ancora una volta, sull’assalto al Congresso degli Stati Uniti del 6 gennaio 2021.

Abbiamo notato che al convegno dentro il campus della Columbia University, nella lista dei relatori mancava la Prof. Victoria De Grazia, celebre storica dell’università esperta di storiografia delle donne durante il fascismo. Proprio De Grazia ha recentemente pubblicato un volume. The Perfect Fascist,  sulla biografia del capo delle Camicie nere, Attilio Teruzzi che guidò, nell’ottobre 1922, la Marcia su Roma. La biografia è scritta grazie anche ai documenti che la famiglia della moglie di Teruzzi, Liliana Weinman – una cittadina americana, ebrea, nota cantante lirica dell’epoca – ha affidato alla storica per scrivere la biografia di uno dei gerarchi simbolo del fascismo. Avremmo ascoltato con molta attenzione la prof. De Grazia, ma leggeremo il suo libro.

Marciando su Roma: quell’ottobre fascista del 1922 che ricorda il 6 gennaio 2021 in USA