L’agenda delle mostre da vedere questa settimana

Il solstizio di giugno ci ha appena traghettato nella stagione estiva che può vantare tra le ‘piacevoli conseguenze’ un’agenda delle mostre della settimana ricca di appuntamenti culturali anche open air. In particolare, le proposte di fine giugno ci svelano progetti di arte diffusa a cielo aperto mentre ci conducono nei borghi italiani per scoprire installazioni e performance di artisti, che intrecciano dialoghi inediti tra territorio, opere d’arte, abitanti e visitatori. Oppure ci fanno scoprire opere di land art, immerse nello scenario della natura, e interventi d’arte pubblica che inviano a una riflessione sull’ambiente, pensati ‘outdoor’ per una fruizione collettiva e libera dell’arte. I progetti espositivi di questo mese, nell’ambito dell’arte contemporanea e ospitati in musei e gallerie, spaziano dalla pittura e dalla scultura alla video arte, rivelando, attraverso mostre spesso monografiche, alcuni dei protagonisti più significativi della scena contemporanea o del secolo scorso. Le esposizioni di giugno non tralasciano di approfondire la fotografia, proposta in ‘coppia perfetta’ con il design. Sì, perché l’autore di questa relazione speciale è Charlotte Perriand, figura complessa ed eclettica che ha illuminato con la sua intelligenza, il suo pensiero originale e lo spirito anticonformista il Novecento.

Una Boccata d’Arte. 20 artisti 20 borghi 20 regioni

Renato Leotta, Eros e Psyche, Centuripe (EN), Sicilia. Una Boccata d’Arte 2021

Renato Leotta

Da una relazione speciale, tra borgo e artista, nasce l’invito a un incontro particolare con l’arte contemporanea. Si rinnova l’appuntamento con “Una boccata d’arte“, che propone mostre, installazioni e performance di 20 artisti in altrettanti borghi italiani, uno per ogni regione, dando vita a dialoghi inediti tra territorio, opere d’arte, abitanti e visitatori. Nato tre anni fa, in piena pandemia, il progetto di arte diffusa a cielo aperto di Fondazione Elpis, realizzato in collaborazione con Galleria Continua, racconta una storia di partecipazione collettiva alla bellezza e alla cultura. Scelti per la loro ricerca artistica correlata alla specificità dei luoghi, gli artisti di “Una Boccata d’arte” “sono selezionati tra nomi emergenti e più affermati, differenti per età, culture e provenienze geografiche e con un ampio coinvolgimento di autori stranieri. I loro interventi site specific, che nascono dopo un breve periodo di residenza nei luoghi scelti per questa edizione e dallo scambio con la comunità e gli artigiani locali, interessano vari linguaggi espressivi, dalla pittura alla scultura, dalla fotografia al video e al suono, fino alla performance. In un viaggio che percorre tutta l’Italia, dalla Valle d’Aosta alla Sardegna, le 20 combinazioni artista-borgo del 2022 sono: Antonio Della Guardia a Morgex (AO) in Valle d’Aosta; Natália Trejbalová a Neive (CN) in Piemonte; Alice Ronchi a Montemarcello (SP) in Liguria; Alina Kleytman a Cigognola (PV) in Lombardia; Giulia Mangoni a San Lorenzo Dorsino (TN) in Trentino-Alto Adige; Lucia Cantò a Malamocco (VE) in Veneto; Riccardo Benassi a Pesariis (UD) in Friuli-Venezia Giulia; Diana Policarpo a Montegridolfo (RN) in Emilia-Romagna; Serhiy Horobets a Sorano (GR) in Toscana; Luis López-Chávez a Panicale (PG) in Umbria; Eva Marisaldi a San Costanzo (PU) nelle Marche; Dessislava Madanska a Fumone (FR) nel Lazio; Victor Fotso Nyie a Rocca San Giovanni (CH) in Abruzzo; Tommaso Spazzini Villa a Castropignano (CB) in Molise; Fabrizio Bellomo ad Albori (SA) in Campania; Simone Bacco a Spinazzola (BT) in Puglia; Hanne Lippard a Grottole (MT) in Basilicata; Anna Zvyagintseva a San Donato di Ninea (CS) in Calabria; Isaac Chong Wai a Castiglione di Sicilia (CT) in Sicilia; Ludovica Carbotta ad Aggius (SS) in Sardegna. Ci sarà, inoltre, come novità rispetto agli anni precedenti, un ventunesimo artista, Nico Vascellari, con il progetto inedito di un gioco collettivo, concepito per mettere in connessione tutti i borghi. Fino al 18 settembre.

www.unaboccatadarte.it

A Cielo Aperto 2022, Grinzate Cavour, Cuneo, Bra e Mondovì (Cuneo)

olafur eliasson, the presence of absence pavilion, 2019, veduta installazione, tate modern, londra

Olafur Eliasson, The presence of absence pavilion, 2019, veduta installazione, Tate Modern, Londra

Anders Sune Berg © Olafur Eliasson

A Cielo Aperto 2022 è un progetto di arte pubblica moltiplicato per quattro, ovvero quattro opere commissionate ad altrettanti artisti internazionali. Nato per volontà di Fondazione CRC, in occasione dei suoi 30 anni, con la curatela scientifica e il supporto tecnico del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, “A Cielo Aperto” colloca i nuovi lavori di Olafur Eliasson, Michelangelo Pistoletto, Otobong Nkanga e Susan Philipsz rispettivamente al Castello di Grinzane Cavour, a Cuneo, a Bra e a Mondovì, quattro luoghi del cuneese in cui è attiva la Fondazione, per una fruizione collettiva dell’arte, open air, in una ritrovata dimensione di libertà dopo gli anni di pandemia e per una riflessione sui temi dell’ambiente , attraverso gli interventi degli artisti. La prima opera a essere inaugurata, sabato 25 giugno, è “The presence of absence pavilion” di Olafur Eliasson installata nel prato a lato del Castello di Grinzane Cavour, in occasione dell’ottavo anniversario del riconoscimento Unesco ai Paesaggi vitivinicoli di Langhe, Monferrato e Roero. La scultura dell’artista danese, che ha la forma di un parallelepipedo in bronzo scavato all’interno, intende rappresentare il vuoto prodotto dallo scioglimento di un ghiacciaio, con un esplicito rimando alla crisi ecologica e al riscaldamento del pianeta. Nell’opera, che è stata realizzata dalla fusione di un blocco di ghiaccio proveniente dal fiordo di Nuup Kangerlua, al largo della costa della Groenlandia, formatosi nel corso di milioni di anni, con strati di neve compressa, il ghiaccio ormai sciolto svela la sua presenza nell’assenza o attraverso il ricordo. L’intervento monumentale di Michelangelo Pistoletto, che rappresenta il simbolo del “Terzo Paradiso”, sarà inaugurato a settembre a Cuneo; la nuova opera di Otobong Nkanga, “Of Sundials, Lines and Weights (Di meridiane, linee e pesi)”, sarà allestita a Bra tra settembre e ottobre, mentre a novembre, presso l’Ex Collegio delle Orfane di Mondovì, sarà presentata “The Lost Partbook (La partitura perduta)”, la nuova installazione sonora creata da Susan Philipsz.

www.castellodirivoli.org

Grazia Varisco. Percorsi contemporanei 1957-2022, Milano

la mostra grazia varisco percorsi contemporanei a palazzo reale a milano

Thomas Libis

La mostra aperta a Palazzo Reale è dedicata a Grazia Varisco, interprete della arti visive e grande protagonista della scena contemporanea grazie un percorso artistico caratterizzato da ricerche e sperimentazioni. L’ampia antologica, a cura di Marco Meneguzzo, presenta più di centocinquanta opere di Varisco che ripercorrono gli oltre sessant’anni della sua attività, evidenziando la varietà e la complessità tematica e le sperimentazioni formali della sua pratica artistica. L’esposizione si sviluppa seguendo le tematiche di ricerca approfondite dall’artista, caratteristiche di esperienze diverse. Dai primi lavori degli anni Cinquanta, “I materici”, come reazione al figurativo, alle prime ricerche, le “Tavole magnetiche”, legate alla formazione del Gruppo T, che coinvolge Varisco insieme a Anceschi, Boriani, Colombo e De Vecchi, dove emerge la particolare attenzione dedicata dall’artista alla rappresentazione dello spazio-tempo. Poi, ci sono le esperienze artistiche dei pieni anni Sessanta, focalizzate sulla lettura dell’immagine in movimento e la percezione dello spazio e del tempo come fenomeni in continuo divenire. Tra i lavori di questo periodo sono esposti in mostra gli “Schemi luminosi variabili”, presentati alla Biennale di Venezia in tre diverse occasioni, inclusa l’edizione del 2022, ovvero sperimentazioni di materiali inediti, quali il metacrilato blu, motorini elettrici e la luce al neon, per creare immagini in variazione continua. Ma è proposta anche la riedizione della storica mostra personale realizzata alla Galleria Schwarz di Milano nel 1969, che ha costituito un importante momento di sintesi del periodo artistico cinetico. Quindi, le opere degli anni Settanta si rivelano come riflessioni incentrate sul tema del Caso; quelle degli anni Ottanta e Novanta dimostrano una progressiva tensione verso l’astrazione, l’essenzialità e la semplificazione della forma, con sperimentazioni di maggior respiro. Varisco, infine, indaga nuove forme legate al cambiamento e all’ambiguità della percezione, coinvolgendo lo spettatore in un dialogo continuo tra programma e casualità, nella produzione artistica del nuovo millennio. Fino al 16 settembre.

www.palazzorealemilano.it

Charlotte Perriand. L’avanguardia è donna, Milano

charlotte perriand in savoia, 1930 circa

Charlotte Perriand in Savoia, 1930 circa

© Archives Charlotte Perriand

La grande protagonista della mostra che apre negli spazi di M77, il 27 giugno, è Charlotte Perriand, architetto e designer collaboratrice di Le Corbusier, figura complessa ed eclettica che ha illuminato con la sua intelligenza, il suo pensiero originale e lo spirito anticonformista il Novecento. L’esposizione, a cura di Enrica Viganò e realizzata in collaborazione con Archives Charlotte Perriand, Admira e Cassina, esplora in particolare il lavoro di Charlotte Perriand come designer e fotografa, ponendo in relazione la sua produzione fotografica degli anni ’30 – tra ispirazione per i suoi progetti e opere d’arte – con una selezione degli arredi-icona, prodotti in esclusiva da Cassina. Perriand, pioniera del modernismo, ha sperimentato linguaggi diversi, quali architettura, design, urbanistica, fotografia, politica, ha viaggiato in solitaria e lavorato in oriente dimostrando una mentalità che superava le convenzioni, aperta al multiculturalismo in anticipo sui temi, e una nuova visione progettuale che ha influenzato il modo di abitare contemporaneo. Il progetto espositivo, suddiviso per aree tematiche, percorre i temi principali del lavoro e della ricerca di Charlotte Perriand. La prima selezione di fotografie è dedicata alle montagne, luogo caro alla progettista e di ispirazione per il suo lavoro, quindi, sono esposti alcuni ritratti delle sue amicizie più celebri (Le Corbusier e Fernand Léger) e la serie “Art Brut”. Il titolo, scelto da Perriand, non allude alla corrente artistica ma denota gli still life della designer che hanno come soggetto alcuni objet-trouvés naturali, spesso trovati sulle spiagge della Normandia, interpretati come opere d’arte. Il percorso espositivo termina con una serie di fotografie di paesaggi marittimi e di centri urbani con vari scorci di vita quotidiana, che Perriand ha scattato tra Croazia, Inghilterra, Parigi e il Giappone. I soggetti catturati in queste immagini alimentano il suo immaginario creativo, diventano progetti, tradotti nelle forme dei suoi arredi e delle sue architetture. “Charlotte Perriand. L’avanguardia è donna” è anche l’occasione per vedere “Créer l’habitat au XXe Siecle”, un film documentario curato da Jacques Barsac, scrittore, regista e marito della figlia Pernette. Nel video, realizzato nel 1985, Charlotte, allora ottantenne, ripercorre la sua carriera, la sua vita e le sue sfide. Fino al 25 settembre.

www.m77gallery.com

Ana Hillar. Tummo, Milano

tummo, la mostra di ana hillar a tempesta gallery, milano

Tummo, la mostra di Ana Hillar a Tempesta Gallery

Carlo Lanteri

Tempesta Gallery accoglie nei suoi spazi espositivi un progetto site specific di Ana Hillar. L’artista argentina presenta una nuova serie di opere materiche e installazioni in grès, create per la galleria milanese, che proseguono la sua riflessione e indagine tra corpo e natura, a partire dal titolo della mostra. Tummo, che in tibetano significa fuoco interiore, è una tecnica antica di respirazione, praticata dai buddisti da più di mille anni, che permette di sopravvivere a condizioni estreme. La nostra società ci ha abituati a non ascoltare il nostro corpo quanto piuttosto a rivolgere l’attenzione solo all’esterno, alla superficie, all’immagine, così da trascurare la parte più vitale, istintiva e potente che abita in ognuno di noi e che ci connette profondamente con la natura. Tummo, quindi, identifica uno stato d’introspezione, di scoperta e ascolto senza pregiudizi o paura e vuole rappresentare anche la volontà di dialogo con la natura, una predisposizione all’ascolto. Punto di partenza del progetto dell’artista argentina è la terra, elemento primario, luogo di nascita della vita che permette a Hillar di avvicinarsi all’ascolto della natura nel suo insieme, nell’analogia tra l’ambiente e le forze presenti in natura paragonabili al funzionamento dell’organismo umano nel suo complesso. Per l’artista: “il dialogo diretto con la materia implica un processo lento e lungo […]. Come un mantra, scandisce il tempo in modo lento e ripetitivo. Prima esiste solo un vuoto, la percezione del vuoto, l’ascolto. Costruire attorno al vuoto con la cadenza ritmica delle pulsazioni del corpo, una ripetizione costante del gesto, come il respiro 12.000 litri d’aria che ogni giorno scorrono dentro di noi. Tummo è l’espressione del battito che instancabilmente resiste, perdura e si ripete, inevitabilmente incessante”. Fino al 7 ottobre.

www.tempestagallery.com

Isgrò cancella Brixia, Brescia

emilio isgrò, l'armonium delle allodole impazzite

Emilio Isgrò, L’Armonium delle Allodole Impazzite

Ela Bialkowska OKNO studio

Un progetto espositivo site specific di Emilio Isgrò dà vita a un dialogo originale tra l’archeologia e l’arte contemporanea, tra la storia e il presente. “Isgrò cancella Brixia”, a cura di Marco Bazzini, si articola in una mostra di lavori dell’artista, considerato tra gli innovatori del linguaggio artistico italiano del secondo dopoguerra, allestita negli spazi del Museo di Santa Giulia, alcune installazioni monumentali diffuse tra ‘Brixia. Parco archeologico di Brescia romana’ e la stazione della metropolitana FS, oltre alla messa in scena di un dramma autografo nel Teatro Romano. Le installazioni, tutte di dimensioni ambientali, fisiche, digitali e performative, in parte permanenti e in parte effimere, sono state ideate e realizzate dall’artista per quest’occasione, considerando la relazione con gli spazi che le accolgono. “Cancellare Brixia non significa cancellare realmente una città ma esattamente il contrario”, dichiara Emilio Isgrò. È un modo per farla rivivere sotto forme inedite e inaspettate, come nella pratica dell’artista siciliano che, in quasi sessant’anni di attività, ha saputo trasformare la cancellatura da un semplice atto di distruzione in una complessa esperienza di conoscenza. Tra le opere site specific, “Le api di Virgilio”, una imponente e spettacolare installazione realizzata con le tecniche digitali di videomapping da DrawLight_Me Young Immersive Studio, dove una moltitudine di api in volo cancella le iscrizioni presenti sulle epigrafi romane collocate sulla parete. E ancora “L’armonium delle allodole impazzite”, un enigmatico e monumentale strumento musicale sul cui perimetro corre una sequenza di tasti di pianoforte. Nel silenzio del chiostro dove è collocata l’installazione risuona l’aria della Casta diva dalla Norma di Vincenzo Bellini, ambientata nelle Gallie romane. Gli spazi del Museo di Santa Giulia accolgono un ciclo di dipinti, realizzati a partire dal 2013, e la scultura di un discobolo. Nelle tredici grandi tele “Brixia come Atene”, le pagine illustrate di un libro sulla vita quotidiana di un’antica polis greca sono state cancellate in bianco mentre sono le formiche a ‘cancellare’ parti del discobolo. In queste opere, la cancellatura è considerata una piena pratica pittorica e non più soltanto concettuale, recuperando una modalità operativa sperimentata da Isgrò a partire dai primi anni ottanta. Fino all’8 gennaio 2023.

www.bresciamusei.com

Physis di Arcangelo Sassolino, Borgo Valsugana (Trento)

l'opera di arcangelo sassolino a arte sella

L’opera di Arcangelo Sassolino a Arte Sella

Giacomo Bianchi

Il percorso artistico, immerso nella natura della Val di Sella, si arricchisce di una nuova opera. Physis di Arcangelo Sassolino si inserisce nello scenario di Arte Sella, dove centinaia di artisti, in questi 36 anni dalla fondazione, hanno interpretato la natura dei luoghi attraverso opere di land art, realizzate nei linguaggi espressivi più diversi, destinate comunque a subire la trasformazione del tempo. L’invito a Sassolino rappresenta per Arte Sella l’inizio di una nuova fase del progetto artistico nel quale la natura e l’arte si incontrano attraverso il dialogo con la tecnologia, così determinante nella contemporaneità da poter essere considerata una sorta di nuovo elemento naturale, nel pensiero, nell’azione e anche nel paesaggio.Physis è costituita da una parte elettronica e da un motore alimentato da un pannello solare. Una massa di granito, tagliata in due, è posta su un binario per compiere ogni giorno, attivato dall’energia solare, un lentissimo e inesorabile ciclo di apertura e chiusura. Il movimento mai uguale a se stesso dipende della quantità di energia disponibile, catturata dai pannelli solari. Attraverso la tecnologia, l’opera respira con il mondo. Physis che, all’apertura dei due massi, rivela un paesaggio nascosto e inaspettato, “è un lavoro sul peso del tempo, sulla lenta e inesorabile trasformazione della natura che non ha niente del cinismo isterico della nostra società. È un Sisifo orizzontale, la sua salita è il meteo”, spiega Arcangelo Sassolino.

www.artesella.it

Vasco Bendini. La materia del silenzio, Verona

la materia del silenzio, la mostra di vasco bendini alla galleria la giarina arte contemporanea di verona

La materia del silenzio, la mostra di Vasco Bendini alla galleria La Giarina Arte Contemporanea di Verona

courtesy Photo

La mostra allestita negli spazi della galleria La Giarina Arte Contemporanea rende omaggio a Vasco Bendini, nel centenario della sua nascita, ripercorrendo la sua attività artistica, dagli anni Cinquanta agli anni Duemila, attraverso una selezione di opere significative. Tra i più grandi artisti italiani del Novecento, Bendini fu guardato molto favorevolmente, soprattutto negli anni ‘50-‘70, dai critici d’arte più importanti del periodo ma il suo lavoro merita un ragionamento in termini assoluti, come si legge nel testo che accompagna la mostra. “Si vuole affermare che Vasco Bendini è stato un artista che si è posto il problema dell’espressione, del diaframma tra il nulla e la materia, della gestualità come presenza dell’atto del dipingere anche senza gli strumenti tradizionali della pittura. La sua opera è un crocevia di esperienze, ha vissuto e rivissuto le esperienze dell’Informale internazionale e del post-Informale, come un campo invaso dalle erbe che periodicamente bisogna bonificare per renderlo di nuovo fertile e per farlo crescere”. Vasco Bendini non conosce limiti, la sua pittura tende a ricoprire il mondo e a impossessarsene e d’altro canto nessun sapere potrebbe resisterle e opporsi. Così da elemento di espressione e di liberazione, la pittura può superare ogni limite e proporsi come una costruzione dell’universo. Affiora l’esperienza del Sublime, che è percepita come emozione che ci pervade e stordisce. “La profondità è un risalire nella scala temporale, cercare di immergersi nella pittura per trovare il senso dell’origine, il punto di inizio di una scelta individuale che si riflette nell’essenza stessa del dipingere al di là delle tecniche e dei linguaggi” si legge ancora nel testo critico. “La materia del silenzio” è a cura di Valerio Dehò. Fino al 24 settembre.

www.lagiarina.it

Sean Scully. A Wound in a Dance with Love, Bologna

sean scully a wound in a dance with love, bologna

Sean Scully. A Wound in a Dance with Love

ornella de carlo

Dopo la personale del 1996, Sean Scully torna di nuovo protagonista, a Bologna, con la mostra a lui dedicata, ospitata al MAMbo – Museo d’Arte Moderna. La retrospettiva, a cura Lorenzo Balbi con main partner la Kerlin Gallery di Dublino, ripropone, in una veste rinnovata e adeguata per il museo bolognese, il progetto espositivo “Sean Scully: Passenger – A Retrospective”, curato da Dávid Fehér e organizzato dal Museum of Fine Arts – Hungarian National Gallery di Budapest, conclusosi l’anno scorso. La ricerca artistica di Scully combina una profonda conoscenza delle opere di maestri antichi e contemporanei e, allo stesso tempo, una sensibilità particolare nell’interpretazione visiva ed emozionale dei dati di realtà. La dialettica tra queste due componenti che caratterizzano il lavoro dell’artista si esplicita nei lavori esposti, 68 tra dipinti a olio, acrilici, acquerelli, disegni e una scultura monumentale, che ripercorrono la carriera artistica lunga oltre cinquant’anni di Scully. L’esposizione spazia dalle prime sperimentazioni figurative degli anni ’60 alle opere minimaliste degli anni ’70, fino al lavoro attuale, “A Wound in a Dance with Love”, documentando le fasi principali della ricerca artistica di Scully coerente con i propri assunti, ma anche capace di variazioni significative nel corso del tempo, in relazione a esperienze emotive ed evoluzioni esistenziali. “Sean Scully. A Wound in a Dance with Love” si arricchisce di una selezione di opere su carta, che accompagnano ogni fase evolutiva dell’intera carriera di Scully, e di un programma di film. Fino al 9 ottobre

www.mambo-bologna.org

Rä di Martino. Play It Again, Firenze

rä di martino play it again

Rä di Martino. Play It Again

Leonardo Morfini, ADRYA

La stagione delle mostre, che ha appena riaperto a Forte Belvedere, include nella sua programmazione una mostra incentrata sulla video arte e le tecnologie digitali: la personale “Play It Again” di Rä di Martino, un progetto di Museo Novecento a cura di Sergio Risaliti. Tra le artiste italiane più apprezzate sulla scena internazionale, di Martino “costruisce lo spazio incantando i visitatori con una serie di installazioni video dal carattere fortemente meditativo”, commenta Risaliti. Nelle sue opere si ritrovano personaggi della cultura pop che pensavamo essere sepolti nella nostra memoria. Riappaiono in modo casuale, come caricature di loro stessi, in bilico tra il grottesco e il pietoso, generando una sorta di archeologia del ricordo della cultura di massa. Questi quasi ‘eroi’ abitano ambientazioni atemporali o senza storia, contesti totalmente differenti desunti dall’immaginario della cinematografia. Le citazioni di cinema e hollywoodiane – Hollywood per l’artista è una continua fonte di ispirazione per la visione consumistica delle grandi produzioni cinematografiche in grado di influenzare la società – non si limitano alle scenografie o alle ambientazioni, ma si esprimono anche nelle tecniche di ripresa o di illuminazione utilizzate dall’artista romana. Elementi raffinati, dedotti dall’ambiente cinematografico, come le colonne sonore, sono tradotti in una sorta di kitsch, ricercato e concettuale però, che non è mai di cattivo gusto. La musica, tema rilevante della poetica di Rä di Martino, ha la capacità di disorientare l’osservatore, producendo quell’effetto straniante che è proprio del lavoro dell’artista, ottenuto utilizzando anche in modo improprio e imperfetto degli effetti speciali. Quella di Rä di Martino è un’arte che inganna e incanta, ci fa perdere nei meandri più reconditi della nostra memoria frammentari, ci avvicina ad alcuni riferimenti per poi farci sviare da altri. “Play it again” propone quattro video, tre realizzati dall’artista a partire dal 2014, e uno, ‘The Laughing Dice’ creato per questa occasione espositiva, oltre a una grande installazione. Quest’ultima è costruita combinando in modo inedito una serie di opere realizzate nel recente passato che, nel nuovo paesaggio costituito, danno vita a un’altra narrazione. Lo scenario che si prospetta allo spettatore è di guerra totale, tra terra e cielo, tra realtà e finzione. “Play It Again”, come esplicitato nel titolo, è la messa in scena di conflitti reali e fantastici, perché tutto, ovvero gli esseri umani, gli dei o il cosmo esistono solo attraverso conflitti e contrasti, guerre e scontri tra opposti, una lotta continua di elementi e concetti che comunque risulta armoniosa e persino bellissima. Fino al 2 ottobre.

www.museonovecento.it/

The Sculpture Show, Pietrasanta (Lucca)

bruno walpoth, meret

Bruno Walpoth, Meret 3 (det.5), 2022

courtesy Photo

Dal 26 giugno gli spazi di Accesso Galleria accolgono una mostra collettiva che ha come unica protagonista la scultura, nell’interpretazione di Peter Simon Mühlhäußer, Alex Rane, Kelly Robert e Bruno Walpoth, scultori figurativi. I lavori presentati, un corpo di dieci opere di medie e grandi dimensioni, in bronzo, marmo, terraglia, legno e sabbia, sono realizzati espressamente per l’esposizione su invito della stessa galleria che ha richiesto ai quattro artisti la creazione di pezzi inusuali e innovativi, spingendoli a orientare la loro ricerca artistica verso nuovi fronti. L’esito è un produzione in cui ogni scultore sperimenta nuove modalità, espressive. L’artista tedesco Peter Simon Mühlhäußer ha lavorato sulle grandi dimensioni, proponendo in mostra presenta tre sculture di cui due calchi in bronzo ondulato e un’opera in sabbia, la più imponente mai creata. Le sue nuove opere confermano, comunque, quelli che sono i temi principali della sua poetica, come la necessità di raccontare una storia o di riflettere su un tema di attualità, ma anche di concentrarsi sulla pura armonia estetica delle forme attraverso l’utilizzo di nuovi materiali, scelti in funzione del messaggio da tramettere. Del tutto diversa, invece, l’interpretazione del newyorchese Alex Rane, il cui lavoro indaga la gestualità espressione della sua visione della spiritualità, che ha scelto di attribuire alle figure, raffigurate nelle sue sculture, delle posizioni inusuali. Per la prima volta l’artista californiana Kelly Robert rappresenta un soggetto dalle sembianze maschili che, come nelle sue sculture femminili, ha forme e posture esasperate per esprimere energia e potenza, confermato anche dall’uso del colore spesso vivace. Lo scultore trentino Bruno Walpoth ricerca la novità nei materiali, proponendo nell’esposizione due sculture che accostano al legno, suo materiale d’elezione, la carta cinese, mantenendo, in continuità con tutti i suoi lavori, la caratteristica di introspezione e distanza psicologica che caratterizza le figure da lui plasmate. Fino al 7 agosto.

www.accessogalleria.com

Richard Serra: Animal habitats live and stuffed… Roma, La Salita, 1966, Roma

richard serra, bushy box, 1966 galleria la salita

Richard Serra, Bushy Box, 1966. Galleria La Salita

courtesy Photo

Un progetto espositivo che ricostruisce una mostra leggendaria, ancora però sconosciuta a molti. Il riferimento è alla prima personale dell’artista Richard Serra, inaugurata a Roma, presso la Galleria La Salita, il 24 maggio 1966, che rivive attraverso documenti fotografici e d’archivio, nell’esposizione presentata al MACRO – Museo d’Arte Contemporanea. L’artista americano durante la permanenza in Italia è invitato dal gallerista Gian Tomaso Liverani a esporre nel suo spazio romano. Qui, nel 1966, Serra mette in mostra le sue sperimentazioni più recenti, diciannove pezzi tra gabbie – con animali vivi o impagliati – e assemblaggi di ogni sorta, per sottoporre a verifica le nozioni di illusione e realtà, dichiarando a posteriori che si trattava di “Surrealismo-assemblage-da cortile”. Il ritrovamento di materiali fotografici e d’archivio ha permesso di ‘replicare’ la personale del giovane artista statunitense in tutta la sua immediatezza e libertà espressiva, aspetti che fin da subito avevano impressionato la scena artistica italiana di quegli anni. La mostra, visitata e discussa dai protagonisti della neovanguardia, fu oggetto di polemiche e di una denuncia per la vendita di animali al posto di oggetti d’arte. Per contro, il gallerista rispose facendo appello alla “libertà [dell’artista] di esprimere il proprio pensiero con qualunque mezzo ritenga più idoneo”. Lo studio della mostra di Serra rievoca la libertà e l’audacia dell’artista attraverso sequenze d’immagini e testimonianze scritte che scorrono in parallelo. Quella che appare è la visione di un momento seminale della storia dell’arte e delle esposizioni . Fino al 9 ottobre.

www.museomacro.it

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L’agenda delle mostre da vedere questa settimana