La Papessa Giovanna, tra storia e leggenda

Una delle leggende più stravaganti della storia della Chiesa Cattolica è la presunta esistenza di un unico papa di sesso femminile, comunemente conosciuto con il nome di “papessa Giovanna”. Si tratta di una narrazione che non ha alcun fondamento storico certo, ma che risulta suggestiva ed affascinante soprattutto se collegata al mondo dell’esoterismo ed, in particolare, ad uno degli arcani maggiori dei tarocchi, quello appunto della “papessa”.

I vicoli della città eterna sono costellati di iscrizioni, stemmi, targhe ed edicole che rievocano storie di un passato lontano, molto spesso sospese tra realtà e fantasia. Nello specifico, la leggenda riguardante la papessa Giovanna sarebbe legata al sacello votivo situato in Via dei Querceti, non lontana dal Colosseo, entrata nella letteratura attraverso alcuni testi redatti da Boccaccio e da Petrarca.

Tra storia e leggenda

Ma chi era la papessa Giovanna? Per cercare di dare una risposta, dobbiamo andare indietro nel tempo, nel nono secolo, durante l’epoca storica chiamata “Alto Medioevo”, quando non esisteva ancora un vero e proprio concetto di storiografia e le cronache degli eventi erano affidate ai copisti amanuensi che di frequente, volutamente o per errore, cambiavano i fatti o li omettevano. Le stesse vicende ecclesiastiche di quel periodo sono ancora, per certi versi, avvolte nelle nebbie del mistero. La papessa Giovanna sarebbe nata a Magonza (Mainz), città della Germania sul fiume Reno, da una famiglia di origine inglese. A differenza delle sue coetanee, alle quali erano preclusi gli studi, in quanto si riteneva che tale attività dovesse essere riservata soltanto agli uomini, fin dalla tenera età sviluppò un grande interesse per le discipline filosofiche e teologiche. La ragazza diventò l’amante di un monaco della sua città e per favorire gli incontri clandestini con l’amante prese a travestirsi con gli stessi abiti del suo ordine. I due “peccatori” (per la morale di allora), temendo di essere scoperti, si trasferirono ad Atene, mentre la ragazza fingeva di essere un monaco con il nome di Johannes.

Nella capitale greca, Giovanna ebbe modo di approfondire gli studi in grammatica, retorica e dialettica, distinguendosi soprattutto come esperta di liturgia e di teologia. Sempre secondo la leggenda, nell’850 sarebbe morto il suo compagno e Johannes/Giovanna si sarebbe trasferita a Roma, sempre sotto le mentite spoglie di un uomo, dove sarebbe stata ben accolta dai confratelli della capitale della cristianità. Giovanna, o Johannes Anglicus come si faceva chiamare, impressionava per la sua cultura e per la sua padronanza nelle diverse materie speculative, tanto da ricevere incondizionata ammirazione dalle alte gerarchie ecclesiastiche di Roma. A nessuno, però, sarebbe venuto il dubbio che sotto l’abito nascondesse attributi femminili.

Alla morte di papa Leone IV fu convocata una riunione, che soltanto qualche secolo dopo sarebbe stata denominata “conclave”, alla quale allora partecipavano i pochi cardinali appartenenti all’aristocrazia o all’alta borghesia romana. L’elezione di un papa della propria famiglia avrebbe consentito notevoli vantaggi politici ed economici. A causa dei contrasti tra le varie fazioni, secondo la fantastica ricostruzione, si sarebbe deciso di eleggere un monaco straniero, che non era altro che la donna di Magonza che nascondeva un inimmaginabile segreto. Ma la papessa Giovanna, pur conquistando il trono pontificio, non avrebbe rinunciato fino in fondo alla sua femminilità, diventando l’amante di un giovane militare romano. Coltivando tale relazione, ben presto Giovanna rimase incinta, provvedendo a nascondere la propria gravidanza sotto i sontuosi abiti papali. Del resto anche i suoi predecessori avevano ostentato pance prominenti, a causa dell’opulenza dei banchetti vaticani e, quindi, nessuno fece caso al ventre che si ingrossava.

Il giorno di Pasqua dell’855, durante una solenne processione, mentre il “papa” tornava al palazzo del Laterano, dove allora risiedeva, all’altezza della basilica di San Clemente, i cavalli attaccati alla carrozza pontificia, provocarono un gran sobbalzo, intimoriti dalle acclamazioni della folla. Lo spavento costò a Johannes Anglicus l’inizio istantaneo delle doglie del parto, mentre il suo amante che, secondo alcune fonti, sarebbe stato il capitano della sua guardia personale, cercò invano di portarla in un luogo sicuro. Tra lo stupore della folla, sotto il vestito del papa spuntò la testolina del nascituro e tutti poterono udire i suoi vagiti. La conclusione della storia fu davvero tragica: lo sventurato neonato morì fra i tumulti della folla e la papessa Giovanna fu legata ai cavalli, ormai separati dalla carrozza e trascinata mentre veniva lapidata dal popolino inferocito per la grave offesa ricevuta.

Un’altra versione della storia dice che Giovanna fu portata in un convento femminile, dove visse in penitenza fino alla morte, mentre il figlio diventò perfino un alto prelato che ottenne il prestigioso titolo di arcivescovo di Ostia. E come si accennava prima, la strada che passa vicino alla Basilica di San Clemente, l’attuale via dei Querceti, in quel periodo prese il nome di “vicus Papisse” e ivi fu eretta un’edicola dedicata alla Madonna e al Bambino, forse per esorcizzare il grave affronto che aveva subìto la più sacra delle istituzioni romane. Un altro indizio dell’esistenza della papessa sarebbe stato lasciato in Toscana. Intorno al 1400, nel duomo di Siena furono eretti i busti dei papi che fino a quel tempo avevano conquistato il trono di Pietro: tra questi, alcune testimonianze riportano la beffarda esistenza anche del busto della papessa Giovanna, poi modificato all’inizio del diciassettesimo secolo.

I riferimenti storici

Abbiamo già detto in apertura che non vi è alcuna testimonianza certa in merito all’esistenza di Johannes Anglicus. Secondo la leggenda, comunque, a  Giovanna sarebbe succeduto Benedetto III che si sarebbe assicurato di cancellare l’oltraggiosa papessa dagli annali della Chiesa e che avrebbe artatamente corretto l’anno di morte di Leone IV, posticipandolo di due anni dall’853 all’855. La strana narrazione fu codificata nel 1475 da un certo Bartolomeo Sacchi, responsabile della biblioteca vaticana, al quale il papa pro-tempore  Sisto IV aveva dato l’incarico di redigere l’elenco dei pontefici che fino a quell’anno avevano regnato. Tra questi, il Sacchi inserì anche la curiosa storia della papessa Giovanna. A ciò si aggiunge il riferimento ad uno strano rituale che affondava radici in età medievale: il papa neo-eletto veniva invitato a sedersi su un trono di porfido rosso provvisto di un foro al centro e un giovane chierico doveva allungare la mano al di sotto della sedia per controllare se fosse provvisto degli attributi maschili. Oltre ad essere risibile tale usanza e forse nata per screditare la credibilità della Chiesa, afflitta da tanti peccati mondani, gli storici ritengono che il sedile di porfido rosso fosse presente già in età antecedente a quella del presunto pontificato femminile, minando l’attendibilità di una sua eventuale istituzione a seguito dell’increscioso evento della scelta del “papa foemina”. Inoltre, per alcuni esegeti, la vicenda della papessa Giovanna potrebbe derivare da un riadattamento “latino” di una leggenda nata in ambiente ortodosso, riguardante una presunta donna-patriarca di Costantinopoli.                

Il primo cronista che pubblicò la vicenda, intorno al 1240, fu il domenicano Giovanni di Metz, a cui seguì un resoconto più o meno simile prodotto dal confratello Martino Polono. Il dotto gesuita Fronton du Duc, sulla base di alcuni scritti elaborati da Florimond de Remond, ipotizzò che la leggenda della papessa avesse tratto origine dal pontificato di Giovanni VIII, tra l’872 e l’882, famoso per la sua debolezza di carattere. Johannes Anglicus non sarebbe altro che il riflesso denigratorio del papa sopracitato, la cui vicenda storica sarebbe stata retrodatata in una cornice di successioni apostoliche ancora più confusa. Questa deturpazione cronologica sarebbe stata, poi, riproposta in seguito in chiave polemica contro i corrotti costumi della Chiesa Romana, dilagando soprattutto nell’epoca della riforma luterana. Gli storici ritengono, inoltre, che la leggenda della papessa sia stata creata per alimentare una certa satira antipapale, divampando soprattutto in concomitanza con la morte di Federico II di Svevia, uno dei più acerrimi nemici del papato. Si tratta, insomma, di un mito che racchiudeva in sé i maggiori incubi del cattolico medievale: un papa che intrattenesse rapporti sessuali, per giunta donna in posizione di dominio, simbolo dell’inganno penetrato nel cuore della Chiesa, a dispetto della tradizione patriarcale.  L’idea sembrò calzare a pennello per essere diffusa in tutti i principali carnevali dei popoli d’Europa, in particolare nei Paesi a vocazione autarchica e protestante che mal tolleravano l’ingerenza della Chiesa di Roma. A ciò si aggiunge un altro importante elemento: il fatto che Giovanni fosse stato il nome più utilizzato dai pontefici e da alcuni antipapa, come il sedicente Giovanni XIV bis, contribuendo a creare confusione sull’effettiva sequenza dei papi che sceglievano quel nome.

Davvero encomiabile è l’opera antologica di Agostino Paravicini Bagliani, La papessa Giovanna e i testi della leggenda (1250-1500), Edizioni del Galluzzo, Firenze 2021, che riporta le varie ipotesi sull’origine della leggenda, attraverso un’accurata esegesi delle citazioni letterarie relative alla figura in questione.

In epoca recente sono stati realizzati due film su questo tema. Il primo nel 1972, La Papessa Giovanna, un film ideato da Michael Anderson ed il secondo, nel 2009, La Papessa, peraltro tratto dall’omonimo romanzo di Donna Woolfolk Cross, con maggiori ambizioni didascaliche ed introspettive. Sotto il profilo letterario, la figura della papessa Giovanna è stata protagonista nel romanzo satirico ed anticlericale, Papissa Ioanna, pubblicato dall’autore greco Emmanouil Roldis, che suscitò una vivace reazione da parte dell’ambiente religioso ortodosso, a causa dei toni dissacranti e delle vicende narrate con uno stile marcatamente decameroniano. L’opera, che si impose a livello internazionale come un vero e proprio caso editoriale, fu tradotta in inglese dallo scrittore Lawrence Durrel nel 1954, con il titolo The Curious History of Pope Joan, ottenendo una buona risposta in termine di vendite.

Misteri e simbologia

Volendo dare un significato più profondo alla leggenda riguardante la presunta figura storica di Johannes Anglicus, non può passare inosservato il fatto che la “papessa” rappresenti uno degli arcani maggiori dei tarocchi e, più precisamente, l’arcano contrassegnato con il numero 2. Nell’idealizzazione cartomantica la papessa implica generalmente una conoscenza segreta, o per meglio dire esoterica, riservata a pochi, ponendosi come ponte tra il mondo sensibile e quello spirituale. La papessa, come carta dei tarocchi, viene di frequente raffigurata nelle sembianze di una sacerdotessa o di una monaca che indossa una veste, un mantello ed un copricapo, simbolo di prestigio e di potere, a similitudine della corrispondente figura maschile del papa. Di solito sul copricapo, a forma di tiara, è incisa una croce, per legare la simbologia del secondo arcano alla spiritualità ed alla religione. Si ritiene che il copricapo richiami le tre fasi lunari: crescente, plenilunio ed ultimo grado, perpetrando la tradizione classica che considerava il nostro satellite emblema del principio femminile. Il velo disegnato dietro alla misteriosa donna è una sorta di monito sulla delicatezza e sulla discrezione della conoscenza, indicando come sia opportuno nascondere ciò che gli altri non sono ancora pronti a vedere, come ad esempio il pericolo in cui si potrebbe incorrere, se si rivelasse incautamente un segreto capace di arrecare danno a qualcuno. In numerosi mazzi di tarocchi, la papessa tiene due chiavi nella mano destra, volendo significare come la persona debba tendere ad armonizzare le esigenze dell’inconscio con quelle del conscio, affinché possa raggiungere un livello di equilibrio adeguato della propria personalità. Secondo l’interpretazione di Jung, la papessa è soprattutto il simbolo dell’elemento femminile presente nella personalità dell’uomo, abbracciando con l’intuizione le forze nascoste della natura anche mediante innovativi processi di conoscenza., così come evidenziato dal libro che è sovente adagiato sulle sue gambe.

In generale, secondo gli studiosi, la papessa dei tarocchi incarnerebbe l’ideale della dea egizia Iside, il cui culto si diffuse in tutto il bacino del Mediterraneo in età ellenistica e la cui effigie influì profondamente sulla successiva trasfigurazione della Vergine Maria, considerata non solo madre di Gesù di Nazaret, ma elevata al rango teologico di madre di Dio. Nei tarocchi, conosciuti come quelli di Rider-Waite, alle spalle della papessa sono disegnate due colonne, l’una bianca e l’altra nera, riportanti l’incisione delle lettere B e J, con esplicito riferimento all’ambiente massonico. In alcuni moderni mazzi di tarocchi, con sfumature ideologiche new age, la carta della papessa è direttamente ispirata alla leggendaria Johannes Anglicus, rivelando una certa velleità di rottura con la tradizione patriarcale ed assurgendo la figura della papessa a simbolo della riscossa femminista.

In estrema sintesi, si può dire che la leggenda della papessa Giovanna, lungi dall’essere una mera rievocazione di satira anticlericale e di antidogmatica tradizionale, diventa un simbolo metastorico della sapienza femminile, così sospesa tra l’universo materiale e quello spirituale, tra luce e tenebre, capace di resistere attraverso i secoli.  

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