FIVE FINGER DEATH PUNCH

Zoltan Bathory è un uomo dalle mille risorse. E’ il Sogno Americano incarnato. Un uomo che ha degli obiettivi e fa di tutto per realizzarli. E’ il fondatore dei Five Finger Death Punch, chitarra, mente manageriale e allenatore in un certo senso, l’uomo con la visione, colui che ogni componente del gruppo teme, l’unico capace di tenere a bada una personalità distruttiva come quella del frontman Ivan Moody, l’animo lucido e spregiudicato che ha ‘tirato’ i Five Finger Death Punch oltre l’autodistruzione. E’ un imprenditore di successo, un artista marziale di livello e una persona spirituale. Zoltan si è autodefinito “l’incubo di ogni sognatore, ovvero colui che realizza, che fa concretamente”. Cosa succede a una persona del genere se la si costringe al lockdown, allo stop forzato? Come minimo c’è un’esplosione di creatività e di iperattività che si concretizza in un fiume di parole e concetti che travalicano le tempistiche di intervista previste (dai trenta minuti si è arrivati all’ora abbondante) e causano il cestinamento quasi istantaneo della lista di domande da porre da parte dell’intervistatore. Zoltan è letteralmente un fiume in piena, fiero del nono album in studio “Afterlife” e pronto a ricominciare il percorso pianificato per la dominazione totale globale, in barba ai detrattori. Ecco il resoconto fedele della nostra chiacchierata… O meglio del suo monologo!

CON “AFTERLIFE” COMINCIA UNA NUOVA ERA DEI FIVE FINGER DEATH PUNCH, UNA VERSIONE 3.0 DEL GRUPPO POSSIAMO DIRE. IL DISCO E’ UNO DEI PIU’ VARIEGATI NELLA VOSTRA DISCOGRAFIA: RIFLETTE I CAMBIAMENTI NELLA FORMAZIONE, I CAMBIAMENTI NELLA MENTALITA’ DOPO LA SOBRIETA’ RAGGIUNTA DAI COMPONENTI DEL GRUPPO, OPPURE SOLO IL RISULTATO DEL MAGGIOR TEMPO CHE AVETE AVUTO A DISPOSIZIONE PER CREARE IL DISCO, QUANDO IL MONDO INTERO SI E’ FERMATO?
– E’ la combinazione di tutti questi fattori. Accadde che pubblicammo “F8” proprio la settimana in cui cominciò la pandemia. Eravamo – e lo siamo ancora – molto fieri di quel disco, è stata una sorta di rinascita per il gruppo. Tutto ad un tratto però la pandemia ha avuto inizio e quel lavoro è stato automaticamente messo da parte, è stato vittima della situazione: anche se contiene tre singoli numeri uno in classifica non abbiamo potuto fare concerti, non abbiamo potuto far promozione e parlarne in maniera dettagliata e così via. Ci siamo trovati a casa ad aspettare il momento in cui la situazione terminasse e potessimo tornare on the road. Il tempo continuava a passare, tre settimane si sono trasformate in tre mesi, tre mesi in un anno e progressivamente abbiamo realizzato che ci sarebbe voluto davvero molto tempo. Non potendo intravedere alcuna luce in fondo al tunnel abbiamo deciso che sarebbe stato meglio tornare in studio e cominciare a registrare qualcosa. In quella situazione non abbiamo avuto alcuna pressione, alcuna timeline, nemmeno uno scopo preciso alla fine. Era un po’ un registrare cose che ci piacevano e questo è stato uno dei fattori, nessun tipo di pressione.
Seconda cosa si tratta del nostro nono disco in studio. A questo punto, se ti piace l’hard rock o l’heavy metal, ti basta ascoltare un paio di riff e la voce e ci puoi riconoscere. Non che sia una cosa facile da ottenere per tutti -avere un sound personale e definito che ti faccia riconoscere istantaneamente intendo – ma a mio parere noi l’abbiamo conseguito. A questo punto quindi entra in gioco un altro fattore, con il nono disco in studio siamo un gruppo abbastanza riconosciuto e consolidato da poterci permettere di avventurarci lontano dal nostro sound originale e sperimentare, e andrà comunque bene perché siamo consapevole che suoneremo sempre come i Five Finger Death Punch. Siamo quello che siamo ma abbiamo ora l’opportunità di sperimentare cose nuove.
Quando cominci ad aggiungere pezzi al puzzle – niente limiti di tempo, nessuna pressione esterna, nono disco e possiamo fare un po’ quello che vogliamo a questo punto, qualche cambiamento di line-up – arrivi a questa nuova era per la band in cui tutto va per il verso giusto, e questo ti dà un inedito senso di libertà. L’ho detto già qualche volta negli ultimi mesi, ho tirato in ballo i Queen. Se ti chiedo di categorizzare i Queen ti sarà sempre difficile farlo. Noi non siamo simili ai Queen in senso stretto, ma i Queen hanno raggiunto questa libertà musicale per cui potevano permettersi di fare qualsiasi cosa. Quella è la vera libertà dalla prospettiva di un musicista. Non sei davvero collegato a un genere specifico, non sei ancorato a scelte specifiche per cui orde di critici ti andranno contro se non rispetti determinate coordinate. Esiste un senso di libertà musicale e sento che questo è il nostro disco se intraprendiamo questo discorso. Abbiamo raggiunto quel tipo di libertà: ovviamente abbiamo le radici nell’hard rock e nell’heavy metal e saremo sempre in questo campo, quello sarà sempre il nostro ‘core sound’, ma possiamo avventurarci fuori da quel campo da gioco e questo ha creato questo profilo musicale inedito per cui sai di per certo, ascoltando il disco, che si tratta dei Five Finger Death Punch ma allo stesso tempo c’è qualcosa di parecchio differente. Una nuova energia, i cambi di formazione, siamo in un momento davvero felice. Per quanto riguarda gli elementi usciti dal gruppo alcune relazioni si sono bruciate, altre hanno smesso di funzionare. Se vuoi restare produttivo e mantenere un ambiente sano e felice devi andare necessariamente oltre, non c’è alternativa. Ovviamente il primo stadio è cercare di risolvere le cose in maniera diplomatica, ma se non funziona bisogna andare avanti, come nelle relazioni. Quindi eccoci qua con una nuova formazione, tutti sono contenti di stare nel gruppo, tutti sono entusiasti del futuro, sono felici di andare in tour e comporre nuova musica, quindi quella combinazione penso ci abbia consegnato questa nuova era in cui tutto questo è molto apparente, nel senso che questa rinnovata esaltazione si può ascoltare anche su disco.

ASCOLTANDO IL DISCO HO NOTATO CHE AVETE LAVORATO ANCHE PER SVILUPPARE IL VOSTRO SUONO, CON UNA PRODUZIONE SEMPRE PIU’ ENORME ED ANCOR PIU’ DEFINITA, MOLTI STRATI ELETTRONICI, UN ENORME MURO DI CHITARRE E UNA BATTERIA GIGANTESCA. AVETE SFRUTTATO IL TEMPO A VOSTRA DISPOSIZIONE ANCHE PER QUESTO LATO? SEI CONTENTO DEI RISULTATI?
– Come ho già detto in passato, quando ci siamo recati inizialmente in studio abbiamo rispettato il nostro mantra, in un certo senso la nostra regola: registra tutto e vediamo cosa viene fuori. Non ci sono idee stupide, mettile sul tavolo e vediamo se funzionano o meno. Questa volta la regola è stata enfatizzata ancora di più, visto che è il nostro nuovo disco e non c’era una scadenza temporale per la consegna. Abbiamo avuto tempo per sperimentare davvero. Abbiamo quindi iniziato ad incorporare altri elementi, per esempio come hai notato c’è dell’elettronica, un elemento che ci è piaciuto e che abbiamo aggiunto. Si tratta comunque di parti che soddisfacevano noi stessi come artisti, perché da musicisti dobbiamo in primis soddisfare noi stessi e il nostro desiderio creativo. Dev’esserci anche necessariamente una sorta di evoluzione: siamo insieme da quindici o sedici anni ed è per questo che sono così contento di questo disco, il DNA è lì dov’è sempre stato, c’è un’evoluzione sonora e anche liricamente e tematicamente ci sono delle novità importanti. In questo senso penso che ci sia un mutamento di paradigma ai giorni nostri. Per darti un esempio se guardi agli anni ’50 Elvis Presley non poteva ballare in televisione, pensavano fosse troppo. Dieci anni dopo la gente si prendeva LSD e funghi, ci fu una rivoluzione sessuale ed esplose una nuova era di psichedelia con una vera rivoluzione spirituale… in soli dieci anni. Fu un grandissimo cambiamento spirituale e culturale, una differenza molto drastica in un solo decennio, quello è un cambiamento copernicano. Nella storia recente ce ne sono stati un altro paio forse, penso negli anni ’80 con la nascita dell’hard rock e dell’heavy metal, come ribellione a una certa cultura, una certa politica e certe istituzioni finanziarie. Si voleva scuotere il sistema, cambiare la prospettiva della società. Sono cresciuto nell’Europa dell’Est, per noi la musica rock era ribellarsi contro il governo, era la nostra voce. A dodici anni la musica era tutto per ribellarsi contro la ‘Big Red Machine’ del comunismo. Successivamente, nell’ultimo trentennio, non c’è stato niente di tanto sconvolgente da parlare di ‘rivoluzione copernicana’. Io però penso che stia arrivando un grande cambiamento adesso, penso che la pandemia sia parte di esso perché se ci pensi è stata il primo vero evento globale – nemmeno la seconda guerra mondiale è stata così diffusa, essendo concentrata principalmente in Europa e nel Pacifico. La pandemia ha avuto effetto su tutti in ogni luogo, è stato l’unico evento globale della storia recente. La gente è dovuta restare seduta in casa ed ha avuto il tempo di uscire dalla ‘ruota da criceto’ della propria esistenza ordinaria, quella in cui lavora otto ore al giorno per comprare la macchina che gli serve per andare al lavoro, o quella in cui risparmia una vita per comprare una casa che non avrà tempo di godersi perché è sempre a lavoro. Durante la pandemia la gente si è fermata e si è messa a pensare, anche in scala economica. “Mi piace davvero come girano le cose?”. Dalla prospettiva delle grandi aziende invece qualcuno si è chiesto “abbiamo davvero bisogno di tutti questi uffici? La gente lavora bene da casa”. Dal punto di vista spirituale c’è poi una rivalutazione delle cose importanti della vita, con una presa di consapevolezza collettiva di quanto la vita possa essere fragile. Questo sistema globale, questa civilizzazione e le sue infrastrutture possono essere perturbate, possono collassare in poche settimane. Un’eruzione solare potrebbe cancellare la nostra elettronica e rimandarci velocemente nel medioevo… La gente senza telefono non sarebbe in grado nemmeno di tornare a casa propria. Oggi ci siamo sviluppati in modo da avere tutta la conoscenza umana nelle nostre mani, nel nostro telefono. Tutto quello che vogliamo è a portata di dito. Tecnicamente siamo ad un passo dal diventare dei cyborg, perché abbiamo questa abilità di ottenere informazione istantanea.
Durante questi due anni abbiamo realizzato come tutto possa essere interrotto. Può esserci tolto. Questo ha cambiato qualcosa. La gente ha iniziato a guardare il mondo in maniera diversa, e tutto d’un tratto è possibile parlare a tutti di cose diverse, perché la gente ora ascolta. Quello che ascoltano e quello a cui sono interessati è cambiato. Ti faccio un altro esempio: vent’anni fa se qualcuno ti avesse detto di aver avuto un incontro ravvicinato con un UFO avresti pensato fosse un pazzo. Se fosse accaduto a te in prima persona forse non l’avresti detto a nessuno per paura di essere internato. Oggi gli ufficiali della Air Force, la NASA e le agenzie spaziali se ne escono con informazioni tipo “sì, abbiamo visto un paio di cose del genere, potremmo o non potremmo avere qualche reperto”… Anche quello è cambiato radicalmente.
Cosa significa tutto questo per artisti come noi? Significa che possiamo cominciare a parlare di certe idee, certe cose come l’aldilà, la vita dopo la morte. Venti, trenta anni fa la gente avrebbe considerato pazzo qualcuno che parlava di questi temi, oggi posso parlare di questo e la reazione è diversa. Siccome il mondo sta cambiando abbiamo realizzato di poter parlare di determinate cose. Io ed Ivan abbiamo entrambi avuto esperienze vicine alla morte. Ne abbiamo parlato tra noi, ma non l’abbiamo mai fatto in pubblico. Cosa accade quando si muore? Mi sono visto morto e oggi posso parlarne in pubblico perché la mentalità della gente è più aperta. Quando hai esperienze di quel tipo ti cambia la prospettiva sulla vita e sugli accadimenti, è un’esperienza molto potente.
Abbiamo chiamato il disco “Afterlife”. Pensa a questa parola. Ogni cultura in giro per il mondo ha un’idea a riguardo. I Vichinghi pensavano che dovevano morire in battaglia con onore per andare nel Valhalla. Questo ha influenzato direttamente il loro comportamento: i Vichinghi andavano in guerra con quel proposito, ed è molto difficile battere una persona che, se uccisa, vince comunque. Se guardi alla filosofia orientale, loro credono nella reincarnazione. Devi essere illuminato spiritualmente, solo così puoi raggiungere il livello in cui smetti di reincarnarti e lasci questo pianeta. Queste persone sono quindi estremamente spirituali, fanno meditazione, yoga, ricercano l’illuminazione spirituale perché la loro idea di aldilà influenza quello che fanno nella vita di tutti i giorni. In Europa e in America c’è questa base religiosa giudeo-cristiana molto radicata nella cultura in cui c’è la dualità di Inferno e Paradiso, c’è l’idea del peccato e della punizione divina. Anche se non si è religiosi c’è questa idea di fondo che dice “se faccio questo andrò all’Inferno, se faccio quell’altro sarò ricompensato”. Anche se non sei religioso questi concetti sono nella tua testa da qualche parte. Anche qui la concezione di aldilà va ad influire su come vivi la tua vita.
Questa è una delle ragioni per cui abbiamo intitolato il disco “Afterlife”. Sia io che Ivan abbiamo avuto esperienze vicine alla morte, esperienze davvero incredibili. In secondo luogo è una delle domande più importanti che una persona si può porre. Chi siamo, da dove veniamo e cosa accade dopo la morte. Queste sono le domande più importanti, tutto quello che c’è nel mezzo, anche se si parla di meccanica quantistica o di importanti questioni scientifiche le vere domande sono quelle. Cosa accade quando muori? Dove vai a finire? C’è una parte di te che sopravvive? Queste sono le domande importanti e questo disco gira intorno a queste domande. Ci siamo allontanati dalla politica, la musica è un’arma culturale ma il mondo è così diviso e la questione è talmente viscerale che preferiamo evitare il discorso, non puoi convincere nessuno su nulla in ogni caso. Queste domande esistenziali sono un argomento universale di cui non abbiamo una vera risposta. Esistono sin dalla nascita della razza umana.
Liricamente e tematicamente possiamo cominciare a parlare di queste cose grazie alla recente rivoluzione copernicana, perché la gente ha iniziato ad essere interessata a queste questioni. Hai sentito la canzone “Judgement Day”?

…INTERESSANTE CHE TU ME LO CHIEDA, ERA PRESENTE TRA I TEMI CHE VOLEVO TRATTARE. MI CHIEDEVO SE I VOSTRI ASCOLTATORI FOSSERO PRONTI PER UNA CANZONE COME “JUDGEMENT DAY”.
– E’ molto diversa da quello a cui i nostri ascoltatori sono abituati, vero? Ora ti dirò com’è nata questa canzone. La tua domanda è completamente valida, e ora ti spiego perché. Ti ho detto che io ed Ivan abbiamo avuto esperienze vicine alla morte. Lui è morto per qualche secondo una volta, a me è capitato due volte. Io ho visto me stesso morire, questa è una delle cose più interessanti. Sapevo che sarei morto. Quando ti vedi morire ti chiedi chi è la persona che guarda. Mi sono visto dall’esterno, quindi chi sono io? Chi guarda e chi sta per morire? Chi è la persona del tutto cosciente durante l’intero processo. Sapevo di star per morire e ho avuto una completa esperienza al difuori del mio corpo. Una cosa che accade quando muori inoltre è che vieni liberato da un modo di pensare lineare. La mente umana pensa in maniera lineare, nasci in un certo momento, muori in un certo momento e tutto ciò che accade nel mezzo è lineare, con un fatto successivo ad un altro con conseguenze dirette e connessioni causa effetto. Pensiamo tutti allo stesso modo, incatenati all’idea del tempo. Quando muori accade qualcosa. Il modo migliore in cui riesco a spiegarlo è che vieni slegato dalle catene del tempo. Non vedi davvero tutta la tua vita che ti scorre davanti come un film, come dice la gente, la maniera più accurata di descriverlo è che sei consapevole di ogni cosa che hai fatto nella tua vita nello stesso singolo istante. Non è consecutivo, come vedere un film. Sai tutte le cose allo stesso tempo, come se il tempo non esistesse più. La tua mente diventa una sorta di computer omnidirezionale, ricevi informazioni da tutte le direzioni, e non parlo di direzioni vettoriali ma come se la tua mente divenisse un’antenna che riceve informazioni da tutte le direzioni nello stesso tempo. La risoluzione della tua percezione diventa anche molto più ampia. Senti dei suoni ma non sono continui. Puoi ascoltare che c’è un’onda, puoi percepire la pulsazione di tutti i suoni.
Nello scrivere la canzone “Judgement Day” il nostro obiettivo era ricreare il suono che percepisci mentre stai morendo. Abbiamo cercato di riprodurlo con quei pattern elettronici quegli strani suoni vibranti, abbiamo tentato di rappresentare in musica quello che entrambi avevamo ascoltato così che tutti potessero sentire. Di solito nel nostro processo compositivo la band scrive la musica e successivamente diamo il pezzo quasi pronto ad Ivan. Anche stavolta è andata così, e quando ha sentito il pezzo avendo avuto un’esperienza simile Ivan ha capito subito di cosa si trattasse. All’inizio non voleva nemmeno registrare, era spaventato. Sapeva cos’era, aveva sentito quei suoni.
I temi lirici di tutto il disco giocano con la dualità.
C’è un’altra canzone intitolata “Thanks For Asking” dove Ivan dice “So che un giorno si arriverà a questo, non so predire quale sarà, Paradiso o Inferno è la stessa cosa”. C’è una divisione in Inferno e Paradiso nel credo comune, ma c’è davvero una grossa demarcazione tra i due?
Molte di queste questioni sono approcciate naturalmente dall’idea giudeo-cristiana di Paradiso e Inferno, molte invece sono approcciate in maniera filosofico esistenziale. Nella canzone “The End” Ivan dice “Lasciate che le frecce siano scoccate, ma oscurando il cielo”. Quella canzone parla di quando la vita finisce per davvero, finisce quando muori o va avanti in qualche modo? Succeda quel che succeda fin quando respiro in questa vita sto vincendo, perché sono ancora vivo. Una volta che non lo sarò più alla fine chi cazzo se ne frega? Tutto il dolore sarà andato via, non ci sarai più. C’è una possibilità che non sia finita nemmeno a quel punto. Per quello che ho sperimentato posso dirti che non è finita. Guardavo me stesso morto. In quella canzone ci si interroga su quale è davvero la fine.

C’E’ UNA LINEA CHE UNISCE TUTTE LE CANZONI, ANCHE SE NON SI TRATTA DI UN VERO E PROPRIO CONCEPT ALBUM.
– Sì, si gira attorno a questi temi, a queste domande universali su vita e morte e aldilà. Questo è quello che tiene insieme il disco.

RIGUARDO ALLA TUA ESPERIENZA VICINA ALLA MORTE, POSSO CHIEDERTI COSA TI E’ ACCADUTO E QUANDO?
– La prima volta è stata da ragazzino. Ero sulla mia bicicletta. Hai presente che quando sei in bici e pedali dietro una macchina o ad un bus puoi andare più veloce, perché resti in scia? L’avrai fatto anche tu, tutti avevamo una bicicletta e tutti abbiamo provato almeno una volta. Quella volta stavo dietro una camion, un grande camion. Andavo velocissimo. La mia bici iniziò a fare dei rumori strani così mi son messo a guardare in basso, forse la catena era scesa o qualcosa del genere. Non realizzai che il camion di fronte a me si era fermato e centrai in pieno il veicolo, colpendolo con la testa. A quel punto ebbi un’esperienza completamente extracorporea: sentii come un’esplosione, mi guardavo in giro cercando la sorgente di quell’esplosione. La prima cosa strana che notai fu che potevo muovermi più velocemente del normale. C’era una siepe vicino al marciapiede e volevo controllare se l’esplosione provenisse da lì, e d’un tratto mi ritrovai dall’altra parte e mi chiesi “aspetta un momento, come ci sono arrivato qui in un istante?”. Potevo guardare cose e raggiungere posizioni in maniera molto molto rapida. Non era nemmeno un muoversi, pensavo di guardare oltre la siepe e vedevo oltre la siepe, era istantaneo. Fu un’esperienza che mi lasciò confuso, subito dopo notai questo suono intermittente e frastagliato. La cosa che ricordo successivamente è che stavo seduto con le gambe sotto il camion, in una pozza di sangue, con molte persone che mi fissavano. Non dissi a nessuno di questa esperienza per moltissimi anni. Ne avevo dodici, la gente mi avrebbe creduto pazzo, quindi non ne parlai con nessuno ma cominciai a cercare informazioni. Non c’era internet ai tempi quindi mi recavo in biblioteca per cercare libri che parlassero della vita oltre la morte. Ogni volta che compariva un riferimento in qualche nota a piè pagina mi segnavo ulteriori libri per espandere la mia ricerca. Andai a leggere volumi di filosofia orientale, yoga, Kriyā Yoga, buddismo, Il libro Tibetano dei morti, il Libro dei Morti egizio e molti altri. Crescendo ho avuto la possibilità di vivere con monaci del Tibet e dello Sri Lanka, ho vissuto, meditato e studiato con yogi, volevo scoprire quello che sapevano e venire a conoscenza di cose fisicamente inspiegabili. Nella mia vita privata sono cresciuto nella ricerca continua, e quell’incidente è stato l’evento che mi ha iniziato a questo tipo di percorso.
Oltre all’incidente ho avuto una seconda esperienza extracorporea. Non so quanto tu sia familiare con l’ayahuasca (in quechua ‘aya-wasca’, letteralmente ‘liana degli spiriti’ o ‘liana dei morti’, ndR). Ci sono cerimonie in Sud America con cui, con prerogative mistiche e terapeutiche, ti viene somministrato questo decotto di piante amazzoniche che agisce in maniera simile al veleno di rospo, in un certo senso spegne il tuo sistema nervoso per farti sperimentare il processo di morte. Super intenso. Ho potuto assistere ad alcune di queste cerimonie e ho voluto provare.
Un tempo non si parlava di queste cose, ma oggi la CIA sta investigando, è emerso un documento su quello che è chiamato “The Gateway Process”, lo puoi cercare su Google, e altre istituzioni come l’Istituto Monroe che stanno investigando su quello di cui è davvero capace la mente umana: si parla di ‘hemi-synching’, sincronizzare gli emisferi destro e sinistro e indovina come si fa? Attraverso il suono.
Tutto è vibrazione. L’intero universo è vibrazione. La materia? Diversi schemi di vibrazione.
I musicisti manipolano la vibrazione: armonie, melodie, la correlazione tra le due.
Sai cos’è la Cimatica (Wikipedia: una teoria pseudoscientifica, dovuta allo studioso svizzero Hans Jenny, che tenta di dimostrare un effetto morfogenetico delle onde sonore, ndR)? Probabilmente hai visto qualche video in quale si prendono dei liquidi, fluidi newtoniani o dei materiali porosi tipo la sabbia e lo investi con una frequenza sonora specifica andando a formare forme geometriche al centro. Noi siamo fatti per gran parte da acqua, quindi immagina cosa può causare all’essere umano questo suono o queste vibrazioni. Questi pattern geometrici incredibilmente intricati e precisi avranno influenza sul corpo umano? Un musicista che capisce una cosa del genere può creare pattern fisici all’interno di una persona con suoni e vibrazioni, ed è solo un effetto fisiologico, ma ci sono anche effetti psicologici. Pensa ai compositori di musica classica. Sono un grandissimo ammiratore di quello che hanno fatto e come. Sei europeo, conosci sicuramente Vivaldi e la maggior parte di compositori classici. Pensa a “Le Quattro Stagioni” di Vivaldi. Se ti faccio ascoltare l’”Inverno” saprai riconoscere che è l’inverno. Se ti faccio ascoltare la “Primavera” saprai che parla della primavera. Ma come lo sai? Come fai a saperlo? Lo capirai sicuramente, ne sono certo, ma com’è possibile? Se sei uno scrittore, un compositore e lo capisci è una chiave di volta. Spesso senti persone chiedersi il motivo del successo dei Five Finger Death Punch, non capiscono perché siamo diventati così grossi e bla bla bla… Questo è il motivo. Perché capiamo questo meccanismo. In primo luogo scrivo la musica. La musica deve dipingerti un’immagine. La musica deve metterti in un umore specifico. Come Vivaldi devo darti una storia complessa con la sola musica. Se riesci a far questo aggiungendo poi i testi e le voci tutto diventa più potente, perché posso trasmetterti sensazioni complesse e vibrazioni. C’è un altro aspetto fisiologico. Se ti suono un riff di chitarra e ci abbino una batteria che arriva leggermente in ritardo avrai questa sensazione di rilassamento, come se tu stessi navigando. Se sullo stesso riff metto una batteria precisa sul punto avrai questa sensazione di marcia militare. Se prendo di nuovo lo stesso riff e ci abbino una batteria un minimo in anticipo, pochissimo in maniera appena udibile sul rullante questo ti trasmetterà ansia, una sensazione di fretta. Quindi con lo stesso riff di chitarra manipolando la batteria ti posso dare tre diverse sensazioni, e sto solo cazzeggiando con la batteria. Aggiungendo melodie ed armonie si aggiungono strati: ci sono melodie oscure e melodie luminose e felici. C’è una differenza tra le scale minori e maggiori, le prime saranno melanconiche ed oscure, le seconde più felici. Se conosci queste cose puoi comporre musica di conseguenza. Se ti mostro un film horror e ci metto musica surf in sottofondo penseresti “ma che cazzo sta succedendo?”. Non funzionerebbe! Sei italiano, giusto? Uno dei miei compositori preferiti di sempre è Ennio Morricone. Quell’uomo è assolutamente brillante, cazzo. Lui, così come Hans Zimmer, riesce a creare il feeling che fa coppia con l’immagine attraverso la musica. Facessero la cosa sbagliata, rovinerebbero il film. La stessa cosa che faceva Vivaldi. Come sanno qual è il vibe giusto, come arricchiscono la pellicola? Come songwriter devi capire queste cose, e i Five Finger Death Punch hanno successo perché riescono a fare la stessa identica cosa, è così che scriviamo. Capiamo questo processo. Ascolto le colonne sonore, ascolto queste meccaniche e cerco di capire come queste cose avvengono. Può essere una canzone con quattro accordi, anche con tre. Può suonare semplice ma non lo è così tanto, è stato composto con le idee di cui stiamo parlando ora.

HAI CITATO I FILM HORROR. RECENTEMENTE HAI AVUTO LA TUA PRIMA VERA E PROPRIA ESPERIENZA DI ATTORE, ASSIEME AI TUOI COMPAGNI, NEL FILM “THE RETALIATORS”. E’ STATO DIVERSO DAL GIRARE UN VIDEO? E’ STATA UN’ESPERIENZA DIVERTENTE?
– Abbiamo girato moltissimi video quindi non è stata un’esperienza del tutto diversa. I video musicali sono difficili, devi raccontare una storia e svilupparne i protagonisti in tre minuti. Nei film puoi permetterti un arco narrativo, hai dei dialoghi, puoi spiegare cose. I film sono in un certo senso più facili dei video. E’ stato molto divertente in ogni caso. La differenza sta nel fatto che nei film c’è una crew impressionante al lavoro, un sacco di unità e di gruppi, inoltre ci vuole parecchio tempo prima di vedere il risultato finale. C’è un regista che ha una visione e ti dice cosa fare esattamente, a volte un centinaio di volte. Guardare il prodotto finito è come scartare un regalo di Natale, ci vuole un anno o due per fare un film, a volte di più. Faremo altre esperienze simili, penso. “Afterlife” non doveva avere un concept di fondo all’inizio ma c’è una linea rossa che unisce le canzoni, quindi stiamo cercando di girare un video musicale per ogni canzone e mettendo insieme tutti i video si avrà una storia completa, creando un film tutti insieme. Abbiamo appena finito “Afterlife” e “Welcome To The Circus”. “Afterlife” è il primo e “Circus” è il seguito. E’ un progetto molto ambizioso e molto difficile perché siamo sempre in tour ed è necessario parecchio tempo ma ci proveremo, è il nostro prossimo obiettivo.

PARLANDO DI TOUR DIVIDERETE DI NUOVO IL PALCO COI MEGADETH NEL FUTURO PROSSIMO. SE RIPENSI ALLA TUA ADOLESCENZA COME TI SENTI AD AVERLI COME OPENING BAND E COME AFFRONTI QUESTA FASE DI PASSAGGIO DI CONSEGNE NELLA TUA CARRIERA IN CUI ORA SIETE HEADLINER SOPRA DELLE VERE E PROPRIE LEGGENDE DEL METAL?
– E’ surreale, non c’è altro termine per definirlo. Sono un grandissimo fan dei Megadeth, avevo i loro poster sui muri della mia camera, ho collezionato tutti i loro vinili nel corso degli anni. Come ogni metallaro dell’epoca li adoravo, come accadeva coi Metallica, coi quali abbiamo da poco suonato un paio di concerti insieme. E’ surreale, ti ripeto, ma non è successo da un momento all’altro. Non è come quando vinci alla lotteria, quando un giorno vivi in una certa maniera ed il successivo la tua vita è completamente cambiata. Ci sono voluti decenni di lavoro. Non è un fatto istantaneo, non è una gratificazione immediata. Maturi nel tempo questo cambiamento. Sono dovute accadere davvero molte cose prima di arrivare a questo momento, in questo stato in cui suoniamo insieme alle leggende del metal. Un sacco di lavoro, un sacco di date, nove album, dodici anni consecutivi on the road per duecento giorni all’anno. C’è uno sforzo enorme. Per me personalmente è stato un percorso molto graduale, quindi non è esattamente scioccante. Nonostante tutto questo, è ancora surreale: ricevere un messaggio da Dave Mustaine è surreale, passare del tempo backstage con Lars Ulrich è surreale. Era questo il mio traguardo da ragazzino? Lo era. Immaginavo che potesse accadere? Ci ho sempre creduto. Allo stesso tempo wow, è successo davvero! C’è del valore. Potevo essere un tuo vicino di casa, vivevo in Ungheria. A quei tempi non potevo nemmeno venire in Italia stando dall’altra parte della Cortina di Ferro. Non avevamo passaporti. Per me è pazzesco. Dicevo ai miei amici che un giorno sarei andato in America, avrei suonato la chitarra in una rock band e avrei fatto il giro del mondo, e loro mi ridevano in faccia. Come sarebbe mai potuto accadere? E invece oggi sono sul palco, mi guardo in giro e vedo cinquantamila persone davanti a me. Penso cazzo, questo era il sogno impossibile. Questo era il traguardo impossibile che mi ero prefissato, e penso che sono riuscito a farlo davvero perché non ho mai messo in dubbio la possibilità di realizzarlo. Quando ti fissi un obiettivo pensi sia realizzabile, ma incontrerai sempre delle opposizioni, anche dai tuoi più cari amici. Più grande è il tuo obiettivo più ti diranno che è impossibile e più opposizioni incontrerai. E’ stato già difficile per me crederci fino in fondo senza esitazioni, non puoi lasciare che quelli che dovrebbero essere i tuoi amici ti dicano che il tuo sogno non è realizzabile. Ho finito per sbarazzarmi delle persone che mi dicevano che non avrei mai potuto raggiungere il mio obiettivo. Di fatto devi proteggere il tuo sogno dal resto del mondo.
C’è un’equazione interessante: quando una band ha successo e ottiene un singolo al numero uno – negli Stati Uniti noi abbiamo avuto venticinque canzoni in top ten e una manciata di singoli numeri uno in classifica – negli altri generi questa cosa viene celebrata, nell’heavy metal invece diventa un problema, diventi un venduto. Che è successo alla fratellanza? Perché non si può celebrare il successo nel nostro genere? Cosa ne è dell’esaltazione di quando i Metallica girarono il loro primo video, quello di “One”, e tutti erano contenti, tutti lo videro come una vittoria per il genere intero? Non penso che la gente capisca davvero cosa vuol dire essere un venduto. Ero un ragazzino che sognava di diventare un musicista rock e andare in tour per il mondo, e quello che è accaduto è che non mi sono mai venduto, non mi sono mai arreso e ho lottato per realizzare quel sogno. Essere un venduto sarebbe stato per me rinunciare a metà strada e provare a diventare, che ne so, un dottore o un avvocato. Ho promesso al dodicenne me stesso che questo sarebbe stato quello che avrei fatto della mia vita, e non mi sono mai fermato. Non mi sono mai arreso. Non mi sono mai venduto.

GRAZIE DEL TUO TEMPO ZOLTAN, SPERO DI VEDERVI PRESTO IN ITALIA.
– Sai, Roma è una delle mie città preferite al mondo e non abbiamo mai suonato lì. Siamo stati più volte a Milano ma mai a Roma, la città più incantevole ed incredibile del mondo. Lo dico con cognizione di causa, sono stato ovunque, in ogni continente ad eccetto dell’Antartide. Sono stato in Egitto, ho visitato le piramidi ma Roma è l’unica città che mi ha lasciato a bocca aperta, mi ha fatto dire “Qui c’è qualcosa di diverso da tutto, questa è una civiltà che in qualche modo è stata più avanzata e più sofisticata di tutte, più avanzata per certi aspetti anche rispetto alle civiltà odierne”. Quello che hanno ottenuto, quello che hanno costruito è irripetibile anche oggi. Puoi ancora bere acqua degli acquedotti dell’età romana, ti rendi conto? Sono stato fortunato perché uno dei professori dell’Università di Roma mi ha fatto da guida, mi ha portato nei posti più assurdi. Vorrei davvero suonare a Roma, è ancora una tacca che non ho spuntato sulla mia lista.

FIVE FINGER DEATH PUNCH – Così parlò Zoltan Bathory