24 libri consigliati dalla redazione del Post

Da qualche anno, quando arriva dicembre, ci spremiamo le meningi per dare qualche idea a chi vuole (o deve, costretto dalle circostanze) fare i regali di Natale. Un regalo di Natale al giorno, ogni giorno per un mese, fino al 24 dicembre. Se questo non fa per voi, ci riproviamo domani. Se anche i prossimi non faranno per voi, ricordatevi che c’è sempre la mozione Flanagin.

I libri sono tra i regali natalizi più classici, insieme a calze e pigiami: per questo c’è chi li considera un po’ l’ultima spiaggia quando non si ha proprio idea di cosa regalare (massì, un libro va sempre bene). Per altri invece regalare libri è una tradizione apprezzata e rassicurante, in cui metterci del proprio: sono quelli che ci tengono a dire che quel libro l’hanno scelto proprio “perché mi ha fatto pensare a te”. In ogni caso, la scelta del titolo giusto non va fatta con troppa leggerezza, che poi si capisce se avete comprato il primo libro visto in libreria o se invece l’avete scelto con un’idea in testa.
Per venirvi incontro, le redattrici e i redattori del Post hanno messo insieme una lista di consigli libreschi scegliendo tra libri che hanno letto, hanno apprezzato e pensano potrebbero essere un buon regalo per qualcuno, anche se non si tratta di novità. In questo elenco ci sono soprattutto romanzi, un genere che si presta bene alle letture dei periodi festivi, ma se niente vi convince, qui trovate quelli dell’anno scorso e qui quelli di quest’estate.

Serge, Yasmina Reza
«I legami fraterni si sfilacciano, si disperdono, finiscono per non ridursi ad altro che a un sottile nastrino di sentimenti e conformismo», dice a un certo punto Jean, il narratore, dei suoi fratelli: Serge, il maggiore, e Nana, la minore. Non ci crede fino in fondo nemmeno lui, però.
L’intero romanzo mostra come le famiglie sono un ecosistema complesso e fragilissimo, spesso devastante almeno per alcuni dei componenti, e che i legami affettivi profondi sono mutevoli e costantemente rinegoziati (anche in modi dolorosi), ma non sono affatto “nastrini sottili”. Neanche quando forse lo vorremmo.
Il Serge del titolo è un uomo che ha fatto disastri delle sue relazioni, da quella con la figlia quasi adulta, a quelle con le molte compagne e con i fratelli, ma è al centro di un affetto che si percepisce indistruttibile anche se immeritato. Il libro è breve e ha una scrittura irresistibile, ottimo per chi vuole superare un grave “blocco del lettore”: con me ha funzionato molto bene. Ha pagine divertentissime, comprese quelle in cui viene raccontato un viaggio di famiglia per visitare il campo di concentramento di Auschwitz. Il finale però è delicato e straziante, un piccolo agguato per chi si commuove facilmente.
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Giulia Balducci

God Save the Queer. Catechismo femminista, di Michela Murgia
Da quasi un anno ormai ho deciso di riavvicinarmi alla religione cattolica, per una serie di ragioni su cui non mi dilungo anche perché non sono del tutto chiare neanche a me. La cosa che so è che da quando andavo a catechismo sono passati vent’anni e nel frattempo ho imparato – per mia fortuna – almeno le basi del femminismo, quel tanto che basta a farmi irrigidire di fronte a una religione fondata su un uomo, a sua volta circondato da dodici uomini, le cui gesta furono tramandate da quattro uomini e la cui figura viene celebrata attraverso una funzione che solo gli uomini possono eseguire. Per non parlare di come la Chiesa si pone su aborto ed eutanasia, per dirne soltanto due, e del ruolo che ha avuto nel rallentare i progressi in questi ambiti. Un bel problema per una persona che vorrebbe riconciliarsi con le proprie origini e la propria spiritualità. Tutta questa premessa solo per dire che molti dei miei dubbi, se non tutti, li ha sciolti questo libro di Michela Murgia, pubblicato da pochissimo (poi uno dice la provvidenza). Si legge in un pomeriggio, e anche chi non crede troverà stimolanti dal punto di vista intellettuale alcuni passaggi, per esempio l’associazione tra Trinità e queerness.
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Mario Macchioni

La più recondita memoria degli uomini, di Mohamed Mbougar Sarr
È il romanzo che nel 2021 ha vinto il Goncourt, il più prestigioso premio letterario francese, ed è lungo 424 pagine. Dunque è piaciuto a molte persone e tiene compagnia per un bel po’ di tempo. È anche molto appassionante perché racconta una di quelle storie in cui c’è un personaggio misterioso sparito nel nulla su cui il protagonista cerca di indagare, e nel farlo ripercorre una buona parte della storia del Novecento. Sia il personaggio misterioso che il protagonista sono scrittori e per questo parla anche molto di letteratura. Il resto è bello scoprirlo da sé. Una citazione: «Avere una ferita non implica che si debba scriverla. Non significa nemmeno che si pensi a scriverla. E non ti sto parlando del poterlo fare. Il tempo è assassino? Sì. Scava in noi l’illusione che le nostre ferite siano uniche, ma non lo sono. Nessuna ferita è unica. Niente di umano è unico. Nel tempo tutto diventa terribilmente comune. Ecco il vicolo cieco. Ma è proprio in questo vicolo cieco che la letteratura ha una possibilità di nascere». Se la persona a cui volete fare un regalo ha amato Trust di Hernan Diaz – altro buon regalo, peraltro – con questo dovreste andare sul sicuro.
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Ludovica Lugli

Todo modo, di Leonardo Sciascia
Per qualche ragione legata alle varie carenze della mia istruzione, fino a qualche mese fa non avevo mai letto Leonardo Sciascia. Poi, più che altro per colmare qualcuna di queste carenze e sinceramente un po’ controvoglia, ho letto Il giorno della civetta. Nel giro di poche settimane, avevo letto cinque libri di Sciascia – non che sia una grande impresa, sono tutti molto snelli, e alcuni li ho pure ascoltati in audiolibro. Il mio preferito è Todo modo. Ma anche Il Consiglio d’Egitto, che meraviglia. Se vi trovate nella stessa miserabile condizione in cui ero io qualche mese fa, rimediate il prima possibile. E se non sopportate Il giorno della civetta perché ve l’hanno propinato alle superiori, è il momento di riprovarci.
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Eugenio Cau

Statale 106, di Antonio Talia
Quando ho cominciato a leggerlo, su consiglio di un amico fiorentino di origini calabresi, mi sono reso conto che sul Post ne avevamo già parlato più volte. Qualora qualche lettore però, come me, non si fosse ancora convinto a leggerlo, insistiamo! Parla di ’ndrangheta e dei 100 chilometri di una strada statale, ma in realtà è un viaggio intorno al mondo, un ripasso di geografia. Credo di non aver mai letto un altro libro che cita e collega con cognizione di causa e fascino così tanti luoghi diversi e distanti. Ci sono le triadi di Hong Kong, una banca clandestina a Desio e un ristorante di via Cenisio a Milano; ci sono i viaggi dalla Colombia a Bratislava passando per il Costa Rica gestiti da un boss italiano in Uruguay; e poi Amsterdam, Rotterdam e i controlli nel porto più grande d’Europa, Melbourne, in Australia, Toronto e Montreal in Canada, New York, ma anche Duisburg con la strage del 2007 e il santuario della Madonna di Polsi, un luogo quasi irraggiungibile dove nei giorni della festa popolare si macellano capre e si decidono le strategie del narcotraffico mondiale, tra «fuoristrada con targhe tedesche, olandesi, belghe, addirittura un pick-up dal New Jersey». E poi ci sono anche storie locali ma non troppo, come quella assurda della Liquichimica, che in parte abbiamo raccontato qui tralasciando il brevetto russo e gli scienziati giapponesi, o l’omicidio del vicepresidente della Calabria Fortugno, che aveva appena votato per le primarie del centrosinistra nel 2005. Infine consiglio di non saltare le note, sono affascinanti come il resto.
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Marco Surace

Le perfezioni, di Vincenzo Latronico
Regalare questo libro a uno dei vostri amici che dieci anni fa potevano essere definiti (o, ancora peggio, si definivano) hipster e che magari oggi si definiscono “creativi” è come regalare loro una seduta di terapia. Nel senso che ne usciranno con la sensazione scomoda di aver avuto una telecamera di sorveglianza puntata su di sé per tutta la vita adulta, ma al contempo sentendosi meno soli, più compresi. Forse addirittura parte di qualcosa. Le perfezioni parla di Anna e Tom – due ragazzi qualsiasi partiti da una generica periferia europea per andare a vivere a Berlino, alla ricerca della “libertà di essere se stessi, cioè di inventarsi, cioè di essere diversi da se stessi” – e ne studia la quotidianità, le amicizie internazionali, l’estetica curata degli appartamenti sempre più costosi, le abitudini sessuali meno avventurose di quanto vorrebbero, la strisciante sensazione che la loro vita perfetta dovrebbe farli sentire meno vuoti di così. È un romanzo che potrebbe tranquillamente essere uno studio etnografico per il modo tagliente ma estremamente preciso con cui identifica “l’identico anelito a una vita diversa che ha animato migliaia di esponenti di un certo segmento socioeconomico”. Ma soprattutto è un libro scritto benissimo, di quelli rari che si leggono in un pomeriggio e continuano a far pensare a distanza di mesi.
(AmazonIBSBookdealer)
Viola Stefanello

Tutti i nostri ieri, di Natalia Ginzburg
È uscito la prima volta 70 anni fa, nel 1952. Quest’estate Sally Rooney, scrittrice irlandese nata nel 1991, lo ha definito «un romanzo perfetto». Indugio sulle date perché lì sta parte dell’essere speciale del libro: è terribilmente moderno per ritmo, scrittura, capacità di trovare nei dettagli i nodi universali (ciò che è giusto, ciò che è sbagliato, l’amore, la morte, le paure); ma ci trovi dentro anche la storia, quella grande del fascismo e della Seconda guerra mondiale, quella piccola di un paio di famiglie «in una piccola città», di vestiti fatti con le tende, di risciacquature dei piatti date ai maiali. Ci sono pochi dialoghi diretti («M’erano venuti in odio» disse la Ginzburg, con la stessa risolutezza di uno dei suoi personaggi) ma ci sono mille voci, un sacco di gente che parla e che pensa. Si ride dei suoi personaggi buffi, ci si affeziona alle loro manie e debolezze, ci accompagna una costante e piacevole nostalgia per un mondo che non abbiamo mai vissuto, ma che finisce per essere “nostro”.
(Amazon – IBS)
Valerio Clari

Bel-Ami (versione Feltrinelli), Guy de Maupassant
Scelgo i libri che compro online, mentre spesso i libri che compro in libreria scelgono me. È successo anche con Bel-Ami: era lì sullo scaffale a ricordarmi che una volta, chissà quando, ne avevo sentito parlare e mi ero ripromesso di leggerlo. Ne ho sfogliato le prime pagine sapendo che la storia di Georges Duroy, uomo senza particolari qualità e dalle grandi ambizioni nella Parigi di fine Ottocento, sarebbe stata un viaggio piacevole nel realismo francese. Non immaginavo così tanto. Senza svelare nulla, c’è un momento in cui Duroy apprende i rudimenti del giornalismo da un collega, che aveva pubblicato un’intervista senza interpellare veramente gli interessati: «Non è divertente? Ha divertito tutta Parigi. E pensare che non ho neppure visto la punta del loro naso». Un libro sempre attuale, insomma.
(FeltrinelliBookdealer)
Emanuele Menietti

Tasmania, di Paolo Giordano
È un romanzo contemporaneo che ti avvolge con una voce lucida ed emozionante, e racconta e dà forma alle nostre paure, ai nostri spaesamenti, a ciò che succede dentro di noi e nel mondo, in modo ambizioso e sorprendente. L’effetto che fa è farti sentire meno solo, con la voglia di stare nel presente, capendolo e desiderando il futuro.
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Francesca Vittani

Generazione Settanta, Miguel Gotor
Generazione Settanta dello storico Miguel Gotor non è un libro leggero. È però importante per chi vuole capire una parte fondamentale della storia moderna d’Italia. Il sottotitolo è “Storia del decennio più lungo del secolo breve”.
È il racconto della nascita del movimento femminista, degli anni delle stragi e della lotta armata e anche della ribellione giovanile del 1977, i giorni della rivolta di Bologna e il ricordo del 12 marzo quando a Roma si svolse una manifestazione nazionale degli studenti universitari. Quella data viene ricordata come l’ultima giornata insurrezionale della storia d’Italia. Il libro di Gotor racconta come finirono quei movimenti, tra le follie omicide del partito armato e la risposta dello Stato, fino agli anni del cosiddetto riflusso, cioè del rifiuto della politica militante, dei collettivi, dei circoli giovanili e del ritorno, come si disse allora, al “privato”.
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Stefano Nazzi

Oh William!, di Elizabeth Strout
Quando ho voglia di leggere qualcosa di malinconico, ma anche in qualche misura per me rassicurante, torno sui libri di Elizabeth Strout. E quando devo regalare un libro ma non conosco bene i gusti di chi lo riceve scelgo tra i miei preferiti: alle brutte quel libro dirà qualcosa di me. Oh William! è l’ultimo di Strout uscito in Italia (e il penultimo in generale, seguito da Lucy by the Sea, uscito per ora in inglese) e racconta un altro capitolo della vita di Lucy Barton, che chi conosce l’autrice ricorderà per Il mio nome è Lucy Barton e Tutto è possibile. Per chi non la conosce, Lucy Barton è una donna oggi 64enne e in Oh William! parla del suo primo marito e del loro rapporto che ancora prosegue tramite aneddoti e racconti che vanno avanti e indietro nel tempo, in un continuo ricordare l’insofferenza e la tenerezza che si provano contemporaneamente per alcune persone con cui si ha un tipo di intimità così profonda da essere spesso ingombrante, sé stessi compresi. Quelle che ci fanno sospirare quell’”Oh”, con rassegnazione e benevolenza. Per apprezzarlo non serve aver letto quelli prima, ma di sicuro chi l’ha fatto ne adorerà i rimandi, frequentissimi.
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Alessia Mutti

Mary Poppins, di P. L. Travers
È uno di quei libri che nessuno legge mai (ok, qualcuno lo legge certo) perché la sua rappresentazione cinematografica lo ha sostituito completamente nell’immaginario culturale. Eppure il libro è piuttosto diverso e vale la pena di essere letto, perché è un gran bel libro e per non perdersi aspetti della storia che sono stati edulcorati o sono scomparsi nel film. Mary Poppins è abbastanza cattiva, anzitutto, o comunque piena di difetti infantili e un po’ iperbolici, lontana dal personaggio angelico interpretato da Julie Andrews. Il personaggio di Bert è molto più marginale e di alcune sue scene del film, nel libro non c’è traccia. Insomma vi permette di fare quelle figure da saputelli, se siete amanti del genere.
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Vittorio Bossa

City of Quartz (in italiano: La città di quarzo), di Mike Davis
Di tutte le cose che ho letto mentre facevo ricerca per scrivere California, City of Quartz è sicuramente quella che mi ha impressionato di più: non pensavo che si potesse raccontare una città in questo modo prima di leggere come Mike Davis ha descritto Los Angeles. Una parte del merito va all’oggetto del racconto, certo: non tutte le città sono in grado di meritare questo tipo di trattamento e non esiste al mondo un altro posto come Los Angeles. Ma il grosso ce lo mette Davis, che con ritmo, originalità ed efficacia riesce a dar conto di quante e quanto diverse siano le forze che determinano le traiettorie di una grande metropoli, dai palazzinari alla politica, dalle chiese alla polizia fino ai vari gruppi etnici e le élites vecchie e nuove, così come tutti i modi più o meno sondabili con cui, intrecciando le loro azioni, questi soggetti producono risultati e cambiamenti collettivi, spesso diversi da quelli desiderati o immaginati. È preciso come un saggio ma attento ai dettagli come un romanzo, contiene urbanistica, sociologia, economia, letteratura; ed è un libro molto cupo, che non va preso come una descrizione odierna della città di Los Angeles. City of Quartz è uscito nel 1990, in uno dei momenti più complicati e dolorosi nella storia della città, al picco della guerra tra Crips e Bloods, poco prima delle sanguinose rivolte del 1992, che Davis non poteva prevedere ma che a leggere il suo libro col vantaggio del senno di poi appaiono inevitabili. Le cose sono migliorate da allora, e non ci voleva molto: ma Los Angeles rimane un posto complicato e in parte imperscrutabile, e attraverso la sua storia City of Quartz ne racconta anche molte altre, di altre città, di altre epoche. È stato pubblicato in Italia nel 2008 col titolo “Città di quarzo”, ma quell’edizione è introvabile. In inglese invece si trova facilmente.
(Amazon)
Francesco Costa

Le cattive, di Camila Sosa Villada
Me l’ha consigliato un’amica, con l’urgenza che nasce da quei libri che vorresti far leggere a tutte le persone che ti stanno intorno. Aveva ragione. L’autrice è Camila Sosa Villada e il suo percorso di vita coincide spesso con quello della protagonista, che è una donna trans e si chiama come lei: l’infanzia povera, il padre violento perché l’avrebbe voluta virile, il desiderio di travestirsi di nascosto per uscire di notte, la fuga, la prostituzione e l’incontro con le trans del Parque Sarmiento della città di Córdoba, che si prendono cura l’una dell’altra riunite intorno alla Zia Encarna, pronta a tutto per le «figlie» che sostiene, punisce, assolve e nasconde nella sua grande casa. Una «casa trans» in cui «la dolcezza può ancora impaurire la morte». Una casa che accoglie, a un certo punto, un neonato trovato tra i rovi. “Las malas”, titolo originale del libro, è la storia di corpi martoriati, orfani, sempre in pericolo e pericolosi. È la storia di un’intima sorellanza, di una maternità e di una figlianza fondate sulla scelta. Ed è anche la storia di transizioni e trasformazioni fantastiche, di uomini senza testa, di donne che mettono le piume o che, a ogni plenilunio, si fanno lupe. È, infine, la storia di quello che lì non c’è scritto. Nel presentarlo, Sosa Villada ha detto: «Il mio è un libro complice perché anestetizza la colpa di una società che voleva il mio cadavere e quello di molte altre, e che ancora li vuole (…). Non è possibile scriverne, e questo è il segreto del romanzo, ciò che lo rende accessibile al dolore e alla parola. Tutto il resto rimane in silenzio. Ed è in ogni pagina».
(AmazonIBSBookdealer)
Giulia Siviero

Tutti i racconti, di Howard P. Lovecraft
Da circa sei mesi ai piedi del mio letto c’è questo monumentale volume che raccoglie non solo i racconti ma anche i romanzi brevi di Howard Phillips Lovecraft, uno degli inventori della fantascienza e dell’horror moderni. Non ci sta sul comodino, sono più di 1600 pagine ed è più sicuro che rimanga per terra: quando non lo prendo in mano per troppo tempo si riempie di polvere, quindi serve anche a ricordarmi di passare l’aspirapolvere (e di leggerne un altro po’). Prendere tutte le cose che ha scritto Lovecraft e farne una specie di rito serale è un’esperienza che consiglio, al di là dei disagi di ordine domestico: un po’ di sane stranezze e raccapricci sono la conclusione migliore per molte giornate. Non per tutte, ma del resto all’occorrenza si può sempre girare, nascondendo la copertina spaventosa, e usarlo per appoggiarci sopra delle cose.
(AmazonIBS)
Stefano Vizio

Famiglie Moderne, di Susan Golombok
Susan Golombok è una scienziata sociale britannica ed è stata per anni direttrice del Centre for Family Research dell’Università di Cambridge, nel Regno Unito, un centro studi molto noto e stimato che si dedica da decenni allo studio multidisciplinare delle relazioni familiari. Famiglie Moderne, pubblicato nel 2015 e tradotto in diverse lingue, è un racconto di tutti gli studi svolti fino alla data di pubblicazione sui diversi tipi di famiglie cosiddette “non-tradizionali”: famiglie omosessuali e famiglie composte da un solo genitore; famiglie formate attraverso la donazione esterna di gameti (donazione di spermatozoi, di ovuli oppure di entrambi) oppure col ricorso alla gestazione per altri; famiglie formate da due mamme o da due papà con figli adottati o nati all’interno della coppia oppure nati precedentemente, magari in una relazione eterosessuale. Vale la pena di leggerlo per almeno due motivi. Il primo è che Golombok accompagna chi legge anche nel racconto delle metodologie degli studi svolti, spiegandone i criteri e la scelta dei campioni, illustrandone il contesto e le variabili, e dicendo chiaramente ciò che si sa e ciò che ancora non si sa. Il secondo è che leggendolo ci si rende conto di quanto le cosiddette “famiglie non tradizionali” non siano né una realtà sconosciuta né pionieristica: esistono da decenni, sono studiate da decenni, e di loro si sa abbastanza per capire che non stanno meglio o peggio di altri tipi di famiglie, e che il benessere di chi è nato in queste famiglie non dipende dalla struttura della famiglia ma dalla qualità dei rapporti al suo interno.
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Alessandra Pellegrini De Luca

Barbarone sul pianeta delle scimmie erotomani, di Gipi
È un volume a fumetti scritto e disegnato da Gipi, il primo di una trilogia il cui protagonista è un incolpevole astronauta sperduto in pianeti e situazioni che fatica anche solo a comprendere e da cui cerca di tirarsi fuori. Ci si affeziona a lui istintivamente perché non perde mai un certo ottimismo nonostante la limitata collaborazione e razionalità dei suoi interlocutori, i continui equivoci e l’incoerenza logica degli eventi. È stato descritto come un libro di Gipi che fa molto ridere, e fa molto ridere: lui stesso ha raccontato di averlo scritto prima di tutto per bisogno di riderne nel disegnarlo. Per chi legge graphic novel abitualmente e con piacere, trovo che ci siano almeno altre due ragioni per cui è bello leggere Barbarone. La prima è la capacità di Gipi di rendere familiari personaggi surreali senza alcun bisogno di raccontarne la storia (chi legge il libro sa di loro quanto ne sa Barbarone: molto poco). E la seconda ragione è la sua consueta abilità nel gestire gli spazi “vuoti” e i tempi delle battute: a volte si ride senza che i personaggi dicano niente o cambino posizione tra una vignetta e l’altra.
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Antonio Russo

La misteriosa morte della compagna Guan, di Qiu Xiaolong
È la prima delle dodici indagini che a oggi compongono la serie dedicata all’ispettore di polizia Chen Cao, ambientata nella Shangai degli anni ’90 e scritta in inglese da Qiu Xiaolong, considerato uno dei fondatori del nuovo giallo cinese: in seguito al suo appoggio ai manifestanti di Piazza Tian’an Men mentre era negli Stati Uniti per un viaggio studio, venne considerato nemico dal governo cinese e scelse quindi di rimanerci a vivere. Chen Cao, oltre a essere il capo della squadra casi speciali del Dipartimento di polizia di Shanghai, è pure poeta, traduttore dall’inglese, gourmet e chiaramente l’alter ego dell’autore. A lui vengono affidate le indagini più delicate, come l’omicidio di Guan Hongying, famosa ‘Lavoratrice Modello della Nazione’, ma i casi e la loro soluzione costituiscono solo lo schema fisso per raccontare la forte trasformazione vissuta dalla società cinese, con frequenti rimandi al percorso storico, economico e socio-politico del paese, e come questo abbia sempre inciso pesantemente sulle vite dei cinesi. Ho letto diversi saggi sulla Cina, ma solo attraverso i casi dell’ispettore Chen e le storie vissute dai suoi personaggi, sono riuscita a “vedere” come vive una famiglia cinese in una stanza di dodici metri quadrati arrabattandosi tra mille espedienti; come si articola il pesante controllo sociale e politico fin sul pianerottolo di casa; quanto sia pervasiva e determinante la corruzione; e come siano state stravolte le esistenze di tantissimi cinesi dalla Rivoluzione Culturale. Per gli amanti delle detective story con forti contesti storici e sociali.
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Emanuela Marchiafava

I fantasmi non esistono, di Giuseppe Rizzo
Rizzo è uno dei giornalisti italiani che leggo più volentieri: ha un modo di scrivere raro, delicato ma puntuale, più facile da trovare sulle riviste americane che qui da noi. “I fantasmi non esistono” è una raccolta di indagini e inchieste, alcuni già usciti, altri inediti, su un tema di cui i giornali italiani si occupano poco e male: le persone che vivono per strada. Potete immaginarne le ragioni: una certa romanticizzazione della figura del clochard – espressione ancora diffusa ma davvero poco aderente alla realtà – che si alterna a pendolo a una prospettiva poliziesca secondo cui queste persone sono solo e soltanto un problema di ordine pubblico. Quando se ne parla, appunto. Più spesso vince la rimozione di questo problema sempre più pressante: in Italia le persone che vivono per strada o in condizioni di estrema fragilità sono quadruplicate, negli ultimi dieci anni. Il libro di Rizzo è un buon punto di partenza per associare questi numeri tremendi a qualche faccia e storia.
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Luca Misculin

Invisibile, di Paul Auster
Ho iniziato questo libro perché avevo letto da qualche parte che affronta tra le altre cose un tema (l’ultimo tabù rimasto nella cultura occidentale contemporanea?) che ho fatto fatica a trovare in altri libri. Non posso dirvi qual è, però, perché vi rovinerei la lettura. Tabù a parte, l’ho trovato un romanzo perfetto: per i colpi di scena credibili, per i personaggi ammalianti e per le ambientazioni cupe, ma soprattutto per il modo in cui tiene insieme tutte queste cose e gioca col fatto – curioso – che anche quando leggiamo storie inventate alla fine vogliamo sapere la “verità”. La storia inizia a New York nell’inverno del 1967 e dura un anno: è scandita in quattro parti (una per ogni stagione), e per ognuna Paul Auster trova un espediente narrativo diverso che è allo stesso tempo mezzo e parte integrante della narrazione. Nonostante questo però è un libro che si legge in apnea, come se i narratori non esistessero e restassero solo la storia e chi la legge: l’ho consigliato di recente a un’amica che mi ha chiesto espressamente un libro per «prendermi bene facile facile dalle prime pagine» ed è stato approvato anche da lei.
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Marta Impedovo 

La Russia di Putin, di Anna Politkovskaja
È passato un anno dall’ultima invasione russa dell’Ucraina ed è stato detto di tutto. Sappiamo bene chi sono gli aggrediti e gli aggressori, ma fra le tante risposte affrettate che sentiamo ogni giorno, e il tempo che passa, a volte le opinioni sincere che ci guidano hanno bisogno di essere rinfrescate. Quando si mette così la risposta è spesso un libro, in questo caso proposto tempestivamente da Adelphi, che a inizio anno ha messo in ristampa La Russia di Putin di Anna Politkovskaja, un insieme di reportage di quasi vent’anni fa che ancora oggi aiuta a mettere le cose in ordine. «Il mio è un libro di appunti appassionati a margine della vita come la si vive oggi in Russia» spiegò Politkovskaja, che il 7 ottobre 2006 venne ammazzata con un colpo in testa sulle scale di casa, anche per aver scritto questo libro.
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Pietro Cabrio 

Niente di vero, di Veronica Raimo
È un libro ironico e dissacrante sulle famiglie disfunzionali, che mi è piaciuto perché mi ha fatto ridere su alcuni piccoli traumi familiari e tiepide vessazioni dei genitori, che seppure in misura ridotta mi hanno ricordato alcune dinamiche della mia, di famiglia. Lo regalerei perché mi ha fatto sentire meno sola, e cos’è un regalo se non un gesto di amore e vicinanza?
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Mariasole Lisciandro


La gioia di scrivere. Tutte le poesie
, di Wislawa Szymborska

Ci sono molti motivi per cui una raccolta di poesie è un ottimo regalo di Natale, o un bel libro da portarsi dietro durante le feste. Il mio preferito è che ognuno può leggerlo un po’ come gli pare: aprendolo a caso di tanto in tanto, cominciandolo dall’inizio e procedendo con ordine meticoloso, o magari decidendo di leggere solo una poesia al giorno e in un certo momento della giornata. Se lo usate come regalo, non costringerete il destinatario a evitarvi per mesi per non sentirsi fare la domanda: “Ma alla fine lo hai letto, quel libro che ti avevo regalato?». Con la raccolta di poesie questo problema non esiste: magari non le hai lette tutte, magari te ne sono piaciute solo alcune, ma qualcosa da dire ci sarà sempre. Wislawa Szymborska è una poetessa polacca di quelle che vendono come gli autori di prosa di maggiore successo, premio Nobel per la letteratura nel 1996. Io suggerisco di prendere il volume che contiene tutte le poesie: così dentro c’è un po’ di tutto, e per una raccolta che non vi piace magari ne trovate un’altra che vorrete rileggere tre o quattro volte. Se non siete abituati a leggere poesie, prendete questa lettura come un modo per capire se siete una di quelle “due persone su mille” che Szymborska cita in una delle sue poesie più famose, Ad alcuni piace la poesia: «Ad alcuni – /cioè non a tutti. /E neppure alla maggioranza, ma alla minoranza. /senza contare le scuole, dov’è un obbligo, /e i poeti stessi, /ce ne saranno forse due su mille». Se invece eravate già appassionati, forse siete l’altra delle “due persone su mille”: e questo consiglio potrebbe non servirvi.
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Riccardo Congiu

Un uomo, di Oriana Fallaci
Un uomo è la storia di Alekos Panagulis, giovane rivoluzionario e poeta durante la dittatura dei colonnelli, incarcerato e torturato per anni dopo aver fallito un attentato contro il dittatore Papadopoulos, graziato e liberato, morto in un incidente stradale nel 1976. Negli ultimi anni della sua vita la sua storia si intreccia in modo intenso e impetuoso con quella di Oriana Fallaci, che gli dedica un libro carico di amore, di stima, di incomprensione e incondizionato sostegno, di domande che restano senza una risposta: la loro relazione è sempre minacciata dall’ombra della morte e delle cospirazioni, Panagulis è, per sua ammissione, una cometa luminosa attirata dal buco nero dell’annientamento. L’ho trovato un libro faticoso da iniziare per il racconto della violenza fisica e politica, difficile da continuare per la descrizione di una relazione fatta anche di furia, ricatti e instabilità, ma doloroso da lasciare una volta finito.
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Valentina Lovato

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Disclaimer: con alcuni dei siti linkati nella sezione Consumismi il Post ha un’affiliazione e ottiene una piccola quota dei ricavi, senza variazioni dei prezzi. Ma potete anche cercare le stesse cose su Google. Se invece volete saperne di più di questi link, qui c’è una spiegazione lunga.

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