Papa Francesco ed il perdono in Canada — L’Indro

Non crediamo mai abbastanza

a ciò in cui non crediamo

(M. Conte S. 2004)

Un anziano signore di bianco vestito, in carrozzella buona parte del tempo, è volato in Canada, una nazione facenteparte del consesso civile occidentale. La sua è una missione non richiesta, ‘penitenziale’ come dicono i credenti, di perdono e scuse per i laici. Si tratta di Papa Francesco, tutti si dimenticano che è il primo dopo secoli, vorrà pur dire qualcosa. Quello non amato dai tifosi più ortodossi di Ratzinger, il papa che ha provocato un terremoto nella Chiesa non morendo papa ma licenziandosi dal ruolo e funzione resa terrena per egoistiche scelte personali. Su cui i cosiddetti cristiani non hanno avuto nulla di dire.

E così questo Papa di Santa Romana Chiesa è l’argentino venuto da altri emisferi a risanare un corpo ecclesiale in larga parte corrotto pedofilo e molto mondano. Nella Chiesa dei dogmi e della fede in Dio messo in croce per riscattare peccati e colpe dei cristiani che nei secoli hanno razziato e massacrato in nome suo. Fino ai volgari razzisti epigoni pagani che per marchette elettorali ne infangano un nome già mille volte compromesso. Molti di coloro difatti che hanno preteso di parlare in nome di Dio sono quelli che hanno incendiato e distrutto il mondo, in ossequio al tema cruciale: chiunque parla per inverare la verità del Supremo sovente vuole imporre la propria. Le peggiori atrocità della cristianità e delle religioni in generale, le tre religioni del ‘Libro’, sono state possibili perché molti si attribuivano arbitrariamente il ruolo e la funzione di fustigatori di costumi morale valori, sovente degli altri. Uccidendo o asservendo tutti coloro i quali ponevano la propria esistenza nell’alveo di credenze affatto diverse. Basti pensare al ruolo dei ‘Conquistadores’ spagnoli distruttori dell’impero Inca e dei popoli Maya e Azteco. Rivedersi al riguardo il film “Aguirre Furore di Dio” splendido film di Werner Herzog del 1972 con Klaus Kinski, che narra le vicende di una spedizione spagnola che lascia le montagne del Perù per seguire il Rio delle Amazzoni alla ricerca di El Dorado, territorio ricchissimo d’oro. Ciò che induce Gonzalo Pizarro, fratello di Francisco, ad inviare una spedizione di conquista oltre le Ande al comando di Don Pedro de Ursua. Attaccati da invisibili indios ed in una natura loro ostile (qualche similitudine con la sconfitta americana in Vietnam?) Aguirre spodesta Don Pedro e poi lo uccide ribellandosi ai dettami di Filippo II di Castiglia. Ormai pazzo e senza uomini e donne al seguito, Aguirre morirà alla fine del febbraio del 1561.

Un film così darebbe molti spunti al riguardo, ma solo per coloro disposti a riconoscere che il successo ed il dominio dell’uomo bianco e lo sviluppo nella storia è stato sovente realizzato con armi e con annientamento di altri popoli. Tema incomprensibile per i tanti strumentalmente cattolici con madonne e rosari o in chi si aggrappa ai patrioti bianchi e vincenti senza alcun cenno di comprensione su un mondo che ha cambiato le sue coordinate. Dalla macchietta xenofoba italiana di mojito man, alla sorella Giorgia, quella che ha deciso che sa come governare, lo immaginiamo, che tra cristi e dei inneggia con i post fascisti di Vox ad un’unica razza. Quella bianca. Ma lei è atlantista e pure patriota! Mamma Giorgia... Ed in America un altro fascista come Trump, ed il Brasile? Con l’estremista di destra Bolsonaro? Ma non ci si pensa, soprattutto chi li vota, tutti di estrema destra che con dio non hanno nulla a che spartire ma lo strumentalizzano in favore di masse di pecore ignoranti. Per cui è ovvio che un Papa così, per quanto ambiguo su altri temi, sia inviso ai tanti figuranti estremisti di oggi, come di ieri, che vorrebbero tornare a secoli passati, quelli di un potere che comandava e sfruttava chiunque non fosse d’accordo per farsi i propri porci comodi. E sarebbero questi i ‘campioni’ dell’Europa dei popoli e della convivenza pacifica di oggi, i destri nostrani, il Matteo e la sorella Giorgia, pii cattolici estremisti, ed il dittatore ungherese che straparla ancora di un’unica ‘razza’ europea. Bianca naturalmente, come insegnano i suprematisti bianchi dall’altra sponda dell’Oceano, Donald in testa che finge e mima ogni discorso riportandolo a ciò che Dio vuole. E dunque siamo all’oggi, in questo tempo dell’Occidente caratterizzato da una revisione di azioni e gesta violente al crocevia dei rapporti tra storia ed identità. Presa in mezzo in un’epoca di scuse e pentimenti collettivi ed individuali autorevoli tra una cultura della cancellazione quale “risarcimento” ed i rischi che si trasformi in una cancellazione della cultura. Schiavista e sanguinaria. Cosicché nello Stato di Alberta il Papa ha ammesso le responsabilità di molti cristiani che nelle 139 scuole residenziali attive tra il 1830 ed il 1996 (66 di queste gestite da enti cattolici) hanno contribuito con il governo canadese a perseguire un’azione di omologazione forzata e violenta alla cultura bianca, occidentale e cristianaIl tema è enorme, magari non nelle proporzioni planetarie della pedofilia della/nella Chiesa, ma comunque con oltre 150 mila bambine/i indigeni, questo il punto, strappati alle proprie famiglie.

Parentesi: se in Italia ci fossero giornalisti competenti e seri dovrebbero chiedere ai leaders destri quali siano le loro posizioni su tali vicende senza risposte di comodo e prefabbricate. Per capire quanto fidarsi di attori politici delle destre a governare un paese nella tolleranza diversità pluralismo. Che ne pensano delle teorie bianche dell’assimilazione, della cancellazione di altre culture, loro così attenti a patrie e prima a secessioni. Ma già conosciamo le loro risposte, ce le hanno fornite a iosa in questi decenni ed anni.

Parole papali senza equivoci dinanzi ad un disastro cultural-antropologico un “dolore incancellabile provato in questi luoghi da tanti all’interno di istituzioni ecclesiali (che genera) rabbia e vergogna”. Sono parole di scuse postume con tutte le ambiguità che ciò comporta. Ma prima di analizzare temi e parole occorre seguirlo, l’uomo in bianco, nelle sue affermazioni. Afferma Francesco I che “anche nella Chiesa al grano buono si mescola la zizzania, e proprio a causa di questa zizzania ho voluto cominciare facendo memoria del male subìto dalle popolazioni indigene da parte di tanti cristiani e chiedendone perdono con dolore. Mi ferisce pensare che dei cattolici abbiano contribuito alle politiche di assimilazione e affrancamento che veicolavano un senso di inferiorità, derubando comunità delle loro identità culturali e spirituali, recidendo le loro radici e alimentando atteggiamenti pregiudizievoli e discriminatori”. “Dei” cattolici? Quindi non la Chiesa? Eh no, non ci siamo. Perché a queste parole stanno quelle di Suor Priscilla Solomon operante in percorsi ‘riabilitativi’ e di riconciliazione, se possibili, tra indigeni e “colonizzatori”, che ad America, settimanale dei gesuiti Usa, organo ufficiale autorevole, che afferma “Spero che le scuse riconoscano il ruolo della Chiesa nell’intero processo di colonizzazione e non solo le colpe di alcuni cattolici”. Importanti le parola del Papa che a suo modo riconosce colpe gravi ma circoscrivendo l’estensione solo a ‘dei cattolici’, mentre la suora pone un tema strutturale, la responsabilità della Chiesa tutta nel processo sanguinario di colonizzazione. E poi scusarsi dopo se è un gesto di consapevolezza, lascia un misto di amarezza e considerazione, di depressione quanto di riconoscimento della pari dignità di esistenza in vita di ‘indigeni’ e colonizzatori che li hanno sterminati. Tema molto scivoloso, quello di ri-scrivere la storia che è già accaduta. Perché significa minare l’intero campo di azione pensiero solidarietà fratellanza sparso a piene mani da chi nei suoi princìpi dogmi ed atti di fede appartenenza al Dio ha propugnato nei secoli l’ideologia la pratica l’azione di assimilazione e di “conversione” al Dio “migliore” a cui tutti si dovevano assoggettare. Così è già un processo di pentimento, in chi crede, quello di aprire archivi degli enti ecclesiastici per conoscere tutta la verità possibile così da rendere giustizia alle vittime.

Ma nel contempo è insufficiente e forse inutile. Perché la storia del Cristianesimo è storia di assimilazione conversione ed obbedienza a quel Dio che veniva poi esposto per aiutare gli ultimi, i bisognosi, i reietti, gli invisibili, i peccatori, i migranti, i rifugiati, un’azione di migliaia di fedeli aiutati dalle parole del Dio misericordioso. E conoscendone alcuni che lavorano con passione e fede, la prima appannaggio di tanti che cattolici non sono ma spinti da una loro propria istanza laica nell’uomo, a sostegno di migranti e rifugiati, penso alla Caritas che opera in un campo che troppi hanno lasciato loro quale ‘giocattolo’ ipocritamente concesso da stati laici ai cattolici per sopperire ad un’opera di supplenza di uno stato laico ignorante indifferente incapace di attivare azioni strategiche e di governo nel dettato di una Costituzione laica ad oggi ancora disattesa. Ed in quell’anfratto liminale si sono negli anni annidati interessi e condotte operazioni che hanno infangato il lavoro di tanti umani vogliosi di restare tali senza etichette e medaglie. Quelli quasi mai ringraziati. Allargando l’orizzonte oltre queste meste gesta umane, le parziali parole del Papa si iscrivono in un’epoca storica turbolenta e violenta connotata da un percorso di aperture delle coscienze contro oscurantismi di varia natura. In particolare l’epoca che attraversiamo è contrassegnata da scossoni e ribaltamenti di un’età della revisione di dogmi eterni, dell’apertura di archivi da cui fuoriescono da anni i comportamenti di massa del cattolicesimo tra pedofilia e politiche di assimilazione. Insomma un’epoca di allargamento dello spirito e della critica alle pretese assolute scandite con il sangue per secoli. A cui fa da contraccolpo le violente resistenze di quanti, Salvini, Meloni, Bolsonaro, Trump, Orban e tanti altri, vorrebbero riportare la storia indietro per conservare il loro potere. Così riemerge con i disastri di una globalizzazione economica neoliberista distruttiva del mondo, la questione identitaria interfaccia della perdita o scomparsa di una base comune condivisa. Con l’irruzione del tema delle minoranze, più o meno secessioniste, che rivendicano con una loro identità il riconoscimento sulla scena pubblica. In contrapposizione ad un umanismo quale universale astratto a fondamento di società pluralizzatesi al proprio interno. Quello che emerge è il tema del relativismo culturale, terreno scivolosissimo perché le destre, italiane e non, giocano tutto sulla “razza”, bianca nella loro ignoranza crassa, perché la razza è solo una, quella umana. Le altre sarebbero etnie. Cosicché il relativismo è fonte di odio? Per l’antropologo Claude Lévy-Strauss vi era un relativismo del “terzo tipo”, dopo quello umanesimo rinascimentale e poi borghese. CLS proponeva u relativismo culturale di piccole minoranze, come gli amerindi, minacciate di estinzione per opera di colonialismo ed imperialismo. Era una risposta a Lucien Lévy-Bruhl il quale riteneva gli indigeni “primitivi” con un pensiero prelogico. Mentre Strauss studiò la logica del loro pensiero riconoscendone il pieno diritto alla comune umanità. Che sarebbe stato fino ad oggi un fondamento incontestabile benché anch’esso abbia giustificato politiche di potenza, il colonialismo dei bianchi, quelli poi in patria così democratici ed inclusivi, e molto razzismo. Resta così questo passaggio del Papa, finalmente e con moltissimo ritardo, per dire, il tanto osannato Wojtila perché anticomunista non ci ha mai pensato ed il teologo in pensione anticipata manco per idea. Non serve a molto ma almeno è un tentativo di rimettere le lancette della storia della tolleranza su binari un poco più giusti, anche se poi la giustizia terrena resta sempre senza colpevoli. Quelli si cercano sempre da altre parti. Comunque sia, il tema travalica le nefaste fatiche quotidiane e si iscrive in una dimensione la cui portata non si misura con il tempo del quotidiano ma con l’orientamento dei processi storici.

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