Le nuove stanze della poesia, Mitti che Cristu era natu all’Aquila: ju vangelu aquilanu di Tonino Frattale

L’appuntamento con Le nuove stanze della poesia, la rubrica di Valter Marcone: Tonino Frattale, “Mitti che Cristu era natu all’Aquila – Ju vangelu aquilanu”.

Domenica 11 dicembre alle 18, a Palazzetto dei Nobili, è stato presentato il libro, edito dalla Daimon, di L’Aquila di Tonino Frattale dal titolo esemplificativo “Mitti che Cristu era natu all’Aquila – Ju vangelu aquilanu”. Il volume è l’insieme di molte composizioni di Tonino Frattale sul tema del Vangelo, una carismatica trasposizione in dialetto aquilano di quella buona novella che da secoli accompagna  la  la trasposizione in dialetto aquilano del Vangelo. Frattale, molto noto in città per i suoi componimenti dialettali e la sua pluriennale attività poetica, è riuscito ad avvicinarsi nel suo stile alla profonda sacralità dell’argomento che avrebbe messo a dura prova chiunque avesse voluto cimentarsi in una rivisitazione poetica in dialetto. L’autore, per la presentazione, è stato  accompagnato da Mauro Ciotti, Virginia Como e Carmela De Felice. Con la partecipazione dell’editrice Alessandra Prospero. In particolare le letture sono state fatte da Franco Narducci un uomo di teatro, innanzitutto, quale presidente e regista della Piccola Brigata  ma anche un autore dialettale di numerosi volumi di poesia e commedie in dialetto aquilano  che  lo scorso anno aveva presentato,  la traduzione in dialetto aquilano dell’Inferno di Dante  e che ha proseguito  quest’anno il suo viaggio nell’opera di Alighieri i, presentando  il Purgatorio, o meglio ‘Il Priatorio’. In questa rubrica il 23 gennaio 2020 scrivevo : “Tonino Frattale si pone all’interlocutore con la semplicità a cui appartengono la naturalezza, la schiettezza, la franchezza, la sobrietà, la misura di idee e comportamento che nel suo amato dialetto riesce ad esprimere con una gamma vastissima di vocaboli ed espressioni che sono in se stessi, ognuno per conto loro, un mondo. Noi siamo come parliamo, ovvero le parole che usiamo e a cui diamo vita con i nostri comportamenti per costruire archetipi di senso e dare un volto al nostro mondo personale e a quello che ci circonda. E per questo la poesia di Tonino Frattale attinge a piene mani a questo substrato, a questo retroterra che, attenzione, è un retroterra fortemente culturale che non ha nulla di paludato, ma è la sostanza di quell’antropologico saper stare al mondo. Certo il discorso ci porterebbe molto lontano. Abbiamo negli occhi e nella mente tutte le volte che abbiamo incontrato Tonino Frattale nelle sue performance, che aggiungono valore a valore, perché una poesia, soprattutto in dialetto, di Tonino Frattale, letta da Tonino Frattale diventa un’altra poesia. Il suo modo di porgere all’ascoltatore espressioni linguistiche, idee, concetti, descrizioni, vita, in altre parole, è solo suo e come si dice è d.o.c. Siamo stati con lui nei recital de La Compagnia dei poeti e abbiamo quindi apprezzato anche questa sua dote. Tonino Frattale ha al suo attivo la scrittura di decine di componimenti raccolti anche in una silloge, pubblicati nel suo profilo di facebook, letti appunto, come si diceva, nelle sue performance. Ma ha anche al suo attivo composizioni preziose come quelle per esempio lette da Tiziana Gioia nello spettacolo “Contaminazioni culturali “Gospel&Poesia dialettale” il  20 luglio 2019 al Teatro romano di Amiternum, San Vittorino nell’ambito del Programma Restart “L’AQUILA, Città della memoria e della conoscenza” che ha messo insieme Gospel e poesia dialettale. Mauro Ciotti, Presidente della “Corale L’Aquila”, Giulio Gianfelice, Maestro del coro hanno sottolineato così il senso e il valore dell’evento:
 «Con lo spettacolo di sabato, abbiamo inteso proporvi la contaminazione tra la musica gospel, genere per il quale la Corale L’Aquila da svariati anni ormai si distingue nel panorama musicale cittadino, e la poesia dialettale di Tonino Frattale che si è cimentato nella riscrittura dei Vangeli in dialetto aquilano.” E continuano : «Il canto e la poesia da sempre ben si armonizzano e si completano sottolineando e rinforzando ognuno i diversi aspetti dell’altra; con questo spettacolo cerchiamo una sintesi particolare che pensiamo possa derivare dai contenuti spirituali che vengono celebrati nei diversi canti e nei differenti brani di poesia che vi andremo a proporre: le gioie e le pene dell’esistenza, il dolore, la speranza, il riscatto, la grazia, la redenzione…»

Ecco dunque l’antefatto, il punto di partenza di quello che è diventato il libro presentato  qualche giorno fa “Mitti che Cristu era natu all’Aquila – Ju vangelu aquilanu”. D’altra parte in questi anni sul profilo fb di Frattale si potevano leggere  poesie come :

La porta santa
So’ vistu de passa’ tanti cristiani
sott’alla porta santa a Collemaggiu,
la coccia bassa e la corona ‘n mani
quasci che ji manchesse ju coraggiu.
Ma apprufittenno della cunfusione
pure ji preti e ji puliticanti
passenu pe’ lucra’ l’assoluzione
cerchenno de freca’ pure ji santi
doppu d’ave’ frecate le perzone.
Ma Cilistinu non lo po’ sapene
pecchè sta locabballe aju cantone
quasci ‘n castigu pe’ sconta’ atre pene.
Che se vetesse entra’ tanta ramaccia
se rizza e ji va a chiue la porta ‘n faccia.

Oppure  con questa sintesi perfetta di settecento anni di Perdonanza

Grazzie Celesti’
Chi penza ancora che sci statu vile
a scanzatte cuscì dalla ‘ncombenza
non cunuscea quiss’animu gindile
e quantu pesa lo tene’ coscenza.
Magara tu non eri missu a cuntu
che te tenii abbozza’ biastime e schernu,
che le virtù che fanno j’ome sandu
so’ adatte rare vote aju governu
ma sci accettatu pe’ sarva’ la chiesa
da ggende depravata a chiù non posso
che sarvognunu te nne jii alla resa
quiji se la sporbeanu a fin’aj’ossu
E quanno era ‘nu filu la speranza
e j’aquilani se piagneanu addossu
collo volecci a’ la Perdonanza
sci fattu ju miraculu chiù rossu.
Sci vulutu ‘mpara’ che abbasta pocu
pe alimenta’ coraggiu a chi ci crede
Basta ‘na jura pe’ refa’ ju focu
a chi te’ la speranza e poch’e fede.
E ancora mo che l’Aquila, porella,
sta a lotta’ tantu pe’ tirasse su
la cosa che la unisce e l’affratella
e quiju dono che fecisti tu.

Legate agli eventi del territorio. Infatti  privilegiando il dialetto esprime anche il suo impegno in eventi e manifestazioni che vogliono essere un’occasione per far conoscere il nostro territorio e la sua storia, ma anche i suoi disagi, le sue inascoltate proposte. Il decadimento dei PAESI NOSTRI comincia con l’indifferenza, poi con l’isolamento fino a far diventare le nostre comunità e chi ci vive un polo escluso.” Ne è la dimostrazione appunto la sua partecipazione per esempio a “JU SCRIPITIJU” (il ginepro). Un incontro culturale scoppiettante tra storia, poesia, musica e racconti.
 Una “serata dialettale” di saggezza vera e di umorismo ruspante, a cui hanno partecipato anche ARNALDO DE PAOLIS, scrittore, autore del volume “Il dialetto di Tornimparte”, FRANCO NARDUCCI “ju poerome”, autore e attore teatrale e lo stesso Tonino Frattale con i suoi componimenti . Proprio per questa sua voglia di incontrare un pubblico attento alle sue composizione Tonino qualche tempo fa ha partecipato insieme ad altri sette poeti vincendo la sessione al primo LoMaggio Poetry Slam a L’Aquila ai piedi della scalinata del Parco del Castello Cinquecentesco dell’Aquila, su un palco di sei metri per sei, davanti a un vastissimo pubblico. L’evento era inserito nel contesto del LoMaggioFest, un festival musicale promosso dall’associazione di promozione sociale “Immagina” in collaborazione con Radio L’Aquila 1. La gara, condotta dall’MC Alessandra Prospero, ha visto protagonisti i seguenti poeti: Filippo Crudele, Tonino Frattale, Daniela Manelli Trionfi, Raffaele Manieri, Giuliana Prescenzo, Fabio Tobia e J-Matt Toscano. Dopo un’agguerrita eliminatoria e una combattuta semifinale. Dunque Tonino Frattale un poeta dialettale di oggi a tutto tondo che combatte per il suo dialetto una battaglia che Alessandra Prospero così definisce: “Il dialetto rappresenta la nostra etichetta, le nostre radici, la nostra carta d’identità. Il dialetto inteso come lingua è il mezzo che identifica tutto: i soprannomi, i rioni, le località. Ad un tempo in cui la neo-omologata lingua unitaria italiana era vissuta come un’imposizione, e si cercava dissidenza e resistenza nel dialetto, si è sostituita un’epoca in cui si vuole soffocare sotto un cuscino di piume anglofone la nostra bella e complessa lingua (diramazioni vernacolari comprese), conquistata e amata a fatica, come poc’anzi espresso, a tutto vantaggio di formule inglesi che infarciscono ogni contesto, da quello politico a quello lavorativo o scolastico. Un malcostume che sa di pochezza sociale e di inadeguatezza culturale.”  Tonino Frattale ci restituisce con le sue opere e i suoi impegni culturali alla “pascoliana maniera” la “sovversione delle castranti tendenze all’omologazione tematica e stilistica della tradizione poetica italiana in nome di un disseppellimento funzionale e ontologico delle proprie radici” Ma parliamo di questa sua opera che vide

E poi quelle sue poesie sul passare del tempo dedicate ai mesi  come

LUJU
Sott’aju focu deju sòlleone
che avvampa j’occhi e scopre ji quatrani
cornacchie e rundinelle, a quattro mani,
rentònenu la solita canzone
All’assacresa, senza ‘nu preavvisu,
ju temporale fa azzuffa’ le fronne
e ‘nciarmottenno po’ se va a nasconne
fecenno finta d’esse parte offesa.
Ju cocommaru friscu che t’ammalia,
sti jorni quisti è fattu su misura
che te regala, mentre lèa l’arsura,
la sensazzio’ de mozzica’ l’Italia.

SETTEMBRE
Le rundinelle, come vole Ddio,
se stanno a radduna ’ pe’ ju traslocu
ma pare che se trichenu ‘nu pocu
come pe’ vole’ da’ j’urdimu addio.
Se sentenu le zurle e le risate
deji quatrani che revanno a scola,
‘na nuvoletta ‘n cielu, sola sola,
aspetta l’atre pe’ fini’ l’estate.
La gente penzierosa pe’ lla via
guarda j’urdimi fiori dell’ajòle,
rubba j’urdimi raggi deju sòle
‘nnanzi che venga la malincunia.

“Mitti che Cristu era natu all’Aquila – Ju vangelu aquilanu” è dunque una trasposizione in dialetto in quartine di endecasillabi  secondo la sequenza A,B,A,B. Nel Vangelo “frattaliano “ e nella Via Crucis   il poeta adatta  il dialetto aquilano  a temi importanti  e per di più in quartine di endecasillabi secondo la rigorosa sequenza A, B, A, B. , temi che in precedenza non avevano mai subito una manipolazione analoga. La sacralità dell’argomento si fonde con l’aderenza ontologica a una lingua che funge da strumento, da culla e da tabernacolo.

Da “Mitti che Cristu era natu all’Aquila”

Luca 19 : 2
La conversio’ de Zaccheo

A Gerico Ggisù parlea alla ggende.
Ci stea nu capusdozziu pubbricanu
ch’era curiusu ma non vetèa gnende
prequé, poracciu, era nu mezzu nanu.

Quiju cristianu se chiamèa Zaccheo.
Era nu gnifilitu ‘n po’ bassottu
però tenea chiù ferchi de ‘n giudeo
ma non potea vete’ da loco sotto.

Cuscì se rencricchette tra ji rami
de ‘n arberu che stea loco vicinu.
Ggisù ju vedde:”Fra’, come te chiami?”
“Zaccheo” ji responnette sfirlinghinu .
“Zacche’, cala da esso che mo basta.
Mo me sci vistu e te po’ sta contentu
e sarrìa bonu se c’inviti a casta .”
“Quissu pe’ mmì Ggisù, è nu combrimentu,

me fa filice se ve’ a casa mè”.
Subbitu se sinti’ nu stranu abbuju
de certe lengue zozze:”Ma temè.
Pretica deju Cielu e va co’ quiju!”.

Zaccheo, pintitu, je sse fece ‘nnanzi .
“Ggisù, ji olesse fa na donazzione.
Olesse fa a purzio’ de tutt’i sordi
e regalanne mezzi a ‘ste perzone

che soffrenu la fame pe’ micragna .
Redengo po’ a chiungue so’ truffatu
lo quadruplo cuscinda non se lagna.”
Ggisù remase! “Fra’, sci furtunatu!

‘N questa casa è endrata la sarvezza
preque’ ji so’ vinutu pusitivu
a recerca’ e sarva’ chi non ci prezza
e assicuramme che remane vivu.”

Luca 2:8
L’annunciazzio’ aji pastori

Era già notte fonna e ji pastori,
che steanu a fa’ la guardia endr’aji stazzi,
se vedderu sveja’ daji bajori
e nu chiarore che allumea ji spiazzi.
“So’ j’angelu de Ddio”disse ‘na voce,
“so’ j’angelu de Ddio, non ve mpaurete.
Ve pozzo spieca’ tuttu chiù veloce
se stete carmi e non v’allontanete.
So’ vinutu a portavve la novella
come che vole Ddio nostru Signore
e pozzo assicura’ ch’è la chiù bella.
E’ natu tra de vu’ ju Redentore,
j’Ome che sarvera’ l’umanità
e affranchera’ ju munnu dalle ambasce.
Stete contenti e jeteju a adora’.
Sta ancora abbuticchiatu dalle fasce.
Jace a ‘na magnaora endr’alla rotta,
ju rescallenu j’asenu e ju bove
che abbonicundi, a ‘sta città bigotta,
non s’ha troatu chi se sa commove.
Jate quatrani me, jate de corza,
porteteji quaccosa da magna’
che de sicuri po’ ve llo remborza
come non ve potete ‘mmaggina’.
Jate che è già calata la mbrunita,
cantete grazzie e lodi aju Signore
e Issu, ‘n cagnu , ve darà l’amore
e po’, pe amore, ve darà la vita.”

Le nuove stanze della poesia, Mitti che Cristu era natu all’Aquila: ju vangelu aquilanu di Tonino Frattale – Il Capoluogo